Mestieri
capitano di marinaLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
Turchia, Brasile, FranciaData di partenza
1822Periodo storico
Periodo pre-unitario (fino al 1876)Luca Pellegrini vive da più di dieci anni in mare, dopo aver navigato in lungo e in largo per il Mediterraneo attraversa l’oceano e si spinge fino al Sud America. È il 1834 quando arriva in Brasile.
Gennaio 1834
L’Europa civilizzata volle che la tratta dei negri, questo iniquissimo traffico di carne umana, cessasse affatto e delle severe leggi per impedire la compera dei neri in Africa ed il loro trasporto in America vennero promulgate. Perché non si fecero anche delle leggi che aboliscano o aboliranno almeno nelle generazioni future la schiavitù? Se il possidente brasiliano ha fatto acquisto di schiavi, se una porzione del suo avere è rappresentato dal numero di questi, sia con Dio; vivano e muojano questi suoi schiavi qual sua proprietà, ma sian fatte libere le innocenti creature procreate da genitori schiavi. Ma no, la schiavitù è il retaggio di quest’infelici. Nato di donna schiava è schiavo anche il frutto del suo ventre! Non è possibile di reprimere un moto d’indignazione al vedere la trista sorte di questi poveri disgraziati! Dannati a tutti i più gravi lavori che da noi si fanno fare da bestie da soma ricevono essi in guiderdone scarso alimento, più scarso vestito e tristo ricovero contro le intemperie, ma in compenso staffilate in abbondanza.
Esiste bensì una legge che ordina che allorquando uno schiavo sia per malattia, sia per inoltrata età diventa inabile al lavoro, il padrone entra nell’obbligo di continuar ad alimentarlo, alloggiarlo e vestirlo come se fosse sano e forte. Ma quelli che fecero questa legge sono per l’appunto coloro che possiedono un maggior numero di schiavi, quindi la legge se non è dimenticata si può dire per lo meno cieca e difatti ad ogni passo s’incontrano frequenti le infelici vittime (alle quali gli anni od una ostinata malattia rendono impossibile il lavoro onde accrescere la ricchezza del padrone), stendere una mano scarna e tremante ad implorare la pietà del passeggiero. Balbettando una preghiera in una lingua ad essi ignota e di cui non indovinano neppure il senso invocano in pari tempo in modo energico e con parole che benissimo comprendono la divina giustizia contro coloro che li dannano a mendicare un pezzo di pane. Infelici! In mezzo ai loro deserti vivevano tranquilli e contenti d’una vita selvaggia se si vuole, ma pur libera; pochi erano i loro bisogni, nulli i loro desideri. Le loro cure, le loro giornaliere fatiche, i loro affanni cessavano tosto che s’avevano procurato il parco alimento quotidiano! Una mano avida di danaro li strappò dal suolo su cui nacquero, ne fece orrido mercato e trascinati in altra parte del globo, incatenati e chiusi in fondo di stiva per più settimane, videro di nuovo il sole sopra una terra ignota alle quale diedero tutte le loro forze, tutti i loro sudori per lunga serie d’anni, finché estenuati e malaticci finiscono col trascinar gli ultimi momenti di una orribile esistenza mendicando il pane su quella terra stessa che i loro sudori resero fertile! E si osa ancora pretendere da qualcuno che la sorte dei negri ridotti in schiavitù al Brasile sia ben preferibile alla loro sorte nel deserto sul quale spaziavano liberi? Perché? Perché avendo appreso loro a farsi il segno della croce ed a storpiare delle preghiere che non intendono, si apersero loro le porte del cielo, si fecero partecipi della vita eterna!
Il viaggio
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