Mestieri
marinaioLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
EgittoData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)La bellezza del Mar Rosso negli occhi di un ragazzo pescatore che per la prima volta nella vita fuoriesce dalle acque del suo circondario.
Ci trovammo come persi tra uomini che circolavano tra la folla a piedi o in groppa ad asinelli e cammelli, in un turbinio policromo e vivace o portarsi lentamente un montone appresso e menare altri ovini con una naturalezza pastorale millenaria, come quel gruppo di pescatori nei cui occhi il fiume, il mare e il cielo erano un tutt’uno e seminudi a riva, si allestivano le reti e passando fuori delle vetrate e all’aperto in strada o all’ombra delle palme e al riparo dal sole, sotto le tende o tettoie parasole, artisticamente lavorate in legno e dipinte a vivaci colori e splendenti nella luce solare, leggere e coreografiche sulla strada, e uomini a sedere ai tavolini a sorbire calde bevande di tè, di caffè o ad attingere dalle caraffe bicchieri di acqua di cocco o spremute di agrumi.
Eravamo impacciati a procedere tra la gente e fra i prodotti artigianali esposti, come chincaglierie, lavori a mano e a sbalzo, tappeti, tendaggi e tessuti, pagliette, pelletterie e vasellame, ceste e canestri e tra le gabbie di polli, di uccelli e di altri pennuti, uova e verdure, frutta, datteri e caschi di banane, agnelli, pecore e cammelli e montoni. Ma un’altra cosa che molto colpiva era quella di notare un’accurata e geometrica acconciatura che risaltava dai corridoi, dai trasporti sulle carrette o esposte alla vendita, sui banchi o per terra di ogni genere di prodotti destinati all’alimentazione, come il pane, la frutta ed altri prodotti, come i contenitori di liquidi di vetro, d’argilla e terracotta.
Dopo che tutte le provviste furono ordinate e vennero imbarcate compresi alcuni caschi di banane, e i rifornimenti stivati e depositati, fu consegnato a ciascuno di noi un casco coloniale leggerissimo, di sughero, per proteggerci dal sole; intanto salivano a bordo alcuni uomini, addetti alla navigazione di transito sul Canale di Suez e vennero a piazzare dei proiettori sulla nave, uno davanti sul diritto di prora, due sulle masche prodiere e due al centro, sul ponte di comando e orientati verso poppa, così che le acque e le opposte sponde del canale, durante l’attraversamento di notte apparivano tutte illuminate e allo scopo fecero approntare delle apposite gomene a murata, di tomeggio per le manovre di attracco rapido nelle disposte stazioni rientrate, manovre che ci toccò di effettuare ben due volte durante l’attraversamento di tutto il percorso sul canale, per lasciare la via d’acqua libera ad altre navi in transito nella zona.
Così quella sera stessa partimmo alla volta di Suez ed arrivammo a Ismailia di primo mattino a giorno chiaro, dove sembrava di essere giunti in un largo ampio e lungo lago, dalle sponde verdeggianti e palmeti, come un’ampia e serena oasi all’intorno e vi sostammo quel giorno fino a sera, in mezzo a quello specchio d’acqua limpida, ove il clima più dolce mitigava l’arroventata calura, ventilando dalle rive sull’acqua e risalendo lungo le murate a bordo spirava, facendo respirare sotto il ponte di comando fino al castello di prua; verso il tramonto di fuoco avvampante ripartimmo e nel corso della tarda notte notammo per alcune ore, di navigare verso sud est su un mare ampio, non più a vista, delle banchine illuminate tra le due sponde del canale e per non alimentare qualche illusione di aver percorso tutto, quelli del canale ci spiegarono che stavamo attraversando il grande e il piccolo dei laghi Amari; poi riprendemmo a navigare verso sud di nuovo e ci guidarono fino col sorgere del sole ad uscire a sud est di Suez nel Mar Rosso.
Dopo una breve sosta al largo della rada di Suez, riprendemmo la navigazione, per tutta quella lunga giornata fino alle prime ore della notte verso sud, sud est e per sud est nel lungo golfo di Suez, tra le due rive, le coste montagnose, del Sinai sulla sinistra e dell’Egitto sulla masca a destra, e nelle prime ore della notte vi uscivamo navigando nel Mar Rosso e all’alba, quando il chiarore aurorale del mattino il sole sorgeva dal mare, riverberando dal mascone alla murata a sinistra ed attraversandoci con i suoi archi di luce da oriente a occidente, fino a quando si andava a tuffare con ardenti vampate da murata destra verso l’esteso deserto, di là della visibile costiera montuosa e del grande fiume all’interno.
A frotte apparivano dal mare azzurro intenso i delfini sui masconi, ora da sinistra ed ora da destra e tra luccicanti balenii ed argentee lance nelle cristalline acqua si portavano davanti alla prora, quasi sfiorandola al tagliamare e con salti e discese a candela, spanciavano nel mare poi, così come erano apparsi, si allontanavano scomparendo nel ceruleo blu.
Nel trascorrere di quelle giornate non perdevo occasione come sempre, di spaziare all’intorno a vista nella corruscata brillantezza del sole rovente e mi portavo per una delle scale laterali sopra al castello di prora, scrutando davanti sull’interminabile distesa azzurra che si andava dileguando in lontananza nella brillantezza del cielo luminoso sovrastante e questo fatto mi permetteva di guardare bene nel mare fino ad alcune decine di metri davanti e di spaziare intorno alla prora, dalla quale nitidamente potevo osservare quelle nebule rosse a superficie e che a prima vista sembravano pendici o prominenze dei fondali sulle quali stava andando a sbattere.
Nella tarda mattina, intorno al meriggio del quarto giorno dalla nostra partenza da Suez eravamo in vista dell’arcipelago delle isolette Dahlak al largo del canale e porto di Massaua, navigando accosto a quelle isole e isolotti e vedendoli apparire dal mare azzurro e vaporoso all’intorno nel barbugliare del sole cocente come dei cestelli di verde e di palme che inclinavano curve a meridione e ai giuochi delle onde frangenti sulle barriere coralline incuranti della movimentazione di tante navi in attesa di un ancoraggio ed ove sostammo navigando adagio tra le tanti navi in rada alla fonda fino alla tarda serata, quando venimmo avviati poi a sud verso Assab in una di quelle piccole baie della costa eritrea ove nella mattinata albeggiava; vi approdammo gettando l’ancora alla ruota poco distante dalla riva e al riparo di un ombreggiato e verdeggiante versante del sud, ma il caldo sulla coperta dello Stefano era penoso, anche la notte pur sotto le tende e non si poteva dormire in coperta e allora mi soffermavo a guardare la placida armonia del cielo stellato e la serena immensità.
Poi a giorno, appena rifocillati ci furono impartite disposizioni e ordini di provvedere alle attrezzature e all’approntamento per le manovre d’imbracaggio e di sbarco dei muli su apposite chiatte già pronte a riva e in attesa di potersi avvicinare sottobordo e intanto, spaziando con lo sguardo, in quel sereno mattino a diverse distanze sul mare calmo all’intorno e illuminato dal sole, si vedevano molte piccole e caratteristiche barche a canoa ciascuna con un solo uomo a bordo che si spostavano qua e là pescando e alcune si avvicinavano pure sottobordo a offrire i loro pesci, vivi, saltellati, alcune specie emettevano dei suoni, dai colori bellissimi.
Vennero tirate fuori dal gavone e allestite in coperta le apposite brache, i ganci e le altre cose, cime e bozzelli, e fu dato vapore ai verricelli dando inizio a manovrare e ad orientare i bighi da carico nelle giuste angolazioni tra le stive e fuori bordo alle murate.
Il viaggio
Mestieri
marinaioLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
EgittoData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Antonio Mennella
Approdati in un paese d’Oriente
All'alba del terzo giorno eravamo in vista dell'isola di Creta ad una quindicina di miglia a...