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TanzaniaData di partenza
2007Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Liza arriva in Tanzania, e subito scrive una email fluviale, che trabocca di racconti e di emozioni, per aggiornare la famiglia su quanto le accade, sulle esperienze che vive e sulle emozioni che prova all’inizio di questa grande avventura che la porterà a lavorare in Africa come cooperante per un anno.
Diario di Bordo
Partenza: Giovedì 13 Settembre 2007
Componenti: Marco (Milano), Stefania (Bologna), Liza (Arezzo), Paola (Fiuggi), Marta (Bari)
Destinazione: Tanzania
Durata: Un bellissimo anno
Obbiettivo: Raccogliere più sorrisi possibili
Njombe, 25 Septemba 2007 Ijumaa (Venerdì)
Il mio grande problema è sempre stato quello di cominciare qualsiasi tipo di compito, non perché non lo volessi fare, ma proprio per il fatto di dirsi che mi sarei dovuta buttare, fare il salto nel buio, il vuoto, senza sapere dove sarei atterrata; preferisco premeditatamente organizzarmi sperando che, al momento del salto, non ci siano imprevisti. Dopo due settimane di esplorazione del terreno, meditazione e una volta fatta questa premessa, non mi manca che cominciare a scrivere …
Una settimana è veramente poco da narrare, ma essendo la prima, forse è quella più difficile.
Siamo arrivati a Dar es Salaam (o anche semplicemente chiamata “Dar”) giovedì sera, dopo un viaggio di più o meno 14 ore con cambiamento di rotta a Zurigo e Nairobi.
Dopo dieci giorni di formazione a Roma, posso dire che mi ero già fatta un’idea dei miei compagni di viaggio, ma non ci accorgevamo concretamente cosa sarebbe successo; e penso che abbiamo cominciato ad assaporare questa sensazione in aereo, con le ore che non passavano più e il troppo cibo, il cambiamento di colori (dal blu cobalto del Mar Mediterraneo, al marroncino slavato del Deserto del Sahara fino al verde acceso delle foreste dell’Africa nera), e le mini riunioni di Stefano che ci informava per la prima volta su cosa avremmo fatto esattamente una volta atterrati a Dar.
Stefano, conosciuto il giorno prima della partenza e che ci accompagnerà fino alla fine di Ottobre, è colui che ufficialmente ci passa il testimone, dopo un anno di servizio civile, conosce la casa, le suore che ci faranno da capi (attimo di panico…non vi preoccupate, vi spiegherò tutto), i bambini dell’orfanotrofio, il Kiswahili, e tutti i luoghi che frequenteremo per un anno. Quindi posso affermare che avere Stefano con noi è veramente utile.
Siamo rimasti a Dar un giorno e due notti, alloggiando in ostello per volontari e cooperanti (coloro che lavorano nella cooperazione internazionale di ogni genere, dai progetti umanitari, progetti di sviluppo del territorio, ai progetti di prevenzione sanitaria, ecc.). Anche se Dar è una delle più grandi città della Tanzania, essa non ha niente a che vedere con la nostra nozione di città. Non ci sono piazze o monumenti. Si tratta solo di un ammasso di strade molto trafficate e pericolosissime (è incredibile come la gente guida qui, ho vissuto la stessa esperienza solo in Indonesia!!!), e accanto a queste strade asfaltate ci sono altre strade di terra con un’infinità di baracche, bancarelle, venditori di pannocchie, taxi, pulmini, biciclette e tantissima gente; e vivono per la strada, ci stanno tutto il giorno a non far niente, vivono ad un’altra velocità rispetto a noi.
Il viaggio in autobus da Dar a Ilunda (è il villaggio dove si trova l’orfanotrofio, che a sua volta si chiama Villaggio Tumaini. Tumaini vuol dire speranza in Kiswhaili, ma è anche il nome della prima bambina che fu presa nell’orfanotrofio. Lei ora si trova da sei settimane in ospedale a causa dell’aids e non sappiamo se tornerà mai), dura 9 ore e le soste sono veramente contate; la prima dura tra i 4 e 5 minuti per fare pipì (nella boscaglia, tutti insieme …) e la seconda dura tra i 7 e i 10 minuti per fare pipì e comprare da mangiare dai venditori ambulanti. Quindi il viaggio dura 9 ore ma ti porta via 10 anni di vita, le strade sono pessime, la guida ancora peggio, e gl’incidenti sono molto ricorrenti … anche perché è l’unico mezzo di trasporto. C’è una linea ferroviaria costruita negl’anni ’50 e mai più migliorata, ma il treno non passa tutti i giorni e a quanto pare, per il nostro stesso tragitto di 9 ore, ci si potrebbe anche impiegare 24 ore!
In autobus quindi è più conveniente, anche se Stefano dice sempre che “Sai quando parti, ma non sai quando arrivi!”… però devo ammettere che il paesaggio ne vale la pena. Dal mare a 1800 metri di altitudine, è un bellissimo spettacolo, siamo passati anche dentro al Parco Nazionale del Mikumi e abbiamo intravisto zebre, antilopi e scimmie. In alcune zone non c’è proprio niente, completamente fuori dal mondo, le sole case che si vedono sono fatte di fango e paglia; senza luce, e acqua a chissà quanti chilometri.
Per questo primo mese siamo in un limbo tra Njombe durante la settimana e Ilunda il fine settimana per cominciare a conoscere i bambini.
A Njombe stiamo in questo Centro Nazareth, che è una specie di ostello, luogo convegni per ecclesiastici … in realtà non lo so nemmeno io che cosa sia. Noi abbiamo stanze da letto e salotto con cucina in una specie di chalet canadese fatto di compensato, alluminio e plastica (Youpiii). In questo … luogo, c’è un negozietto, stile campeggio, e internet, lentissssssssimo, e tutta la gente che ci guarda come se fossimo sbarcati da Marte, ma questo è una sensazione molto ricorrente, specialmente da queste parti che turisti non se ne vedono; gl’unici Mzungu (bianchi) che si vedono si possono contare sulle dita delle mani e sono tutti cooperanti. L’ostello si trova a 6 km da Njombe, anch’essa fatta da una strada principale molto trafficata e, ai lati, il paese che, dai censimenti ufficiali gl’abitanti oscillano dai 20.000 ai 60.000, quindi niente è per certo … Case fatte maggiormente da tetti di alluminio su strade di terra; gran parte dei negozi sono delle piccolissime baracche di legno con una grilla all’entrata, in modo tale che non si possa entrare dentro. Per comprare qualcosa bisogna chiederlo e farselo passare … molto utile quando non si parla la lingua … Dall’evitare di comprare nei negozi, ora ci rassegniamo al fatto che le figure di merda sono inevitabili, e vi posso assicurare che ce ne sono delle belle.
La cosa più complicata nel Kiswahili e il fatto che nella cultura tanzaniana, il saluto è una cosa fondamentale, da farsi ad ogni modo, che può anche durare più minuti, e che varia seconda di chi stai salutando. L’elenco è lunghissimo e la cosa buffa è che ad ogni saluto c’è una risposta ben precisa … fino ad ora abbiamo risposto di tutto e ci si salva sempre con un gran sorriso e con un’alzata di spalle …
Ai bambini, per esempio, puoi dire “Jambo” e loro rispondono “Sijambo”… se invece sono loro che ti salutano prima, ti dicono “Shikamoo” perché siamo adulti e, lì rispondi “Marhaba”. Se devi salutare una suora, un prete o il vescovo (che rappresentano il 20% della popolazione e il 70% delle persone con cui noi avremmo a che fare), devi, prima di tutto dire “Tumsifu Iesu Cristu” (Sia lodato Gesù Cristo), loro rispondono “Milele, Amina” (Per sempre, Amen), POI, puoi dire “Shikamoo Baba Padre” (se è prete) o “Shikamoo Baba Askofu” (se è il vescovo) e loro rispondono “Marhaba”. E siccome sono tutti incuriositi da questa banda di marziani, tutti i preti e tutte le suore dei dintorni vengono a salutarci, e non si finisce più … poi quando vengono, devi offrirgli il tè o la birra, e ci finiscono le scorte … un aneddoto che vi posso raccontare (una delle tante figure di merda) è quando è venuto il vescovo della diocesi di Njombe (il nostro capo per eccellenza, poiché il nostro progetto è inserito sotto il tutoraggio della diocesi, e lui qui fa la legge!), e un pomeriggio viene a salutarci “in borghese”! … come facevamo noi ad indovinare che era il Vescovo, mi domando??… Lo abbiamo salutato normalmente, come tutti gl’altri, “Habari za leo” “Mzuri”, Come va la giornata, bene grazie … poi, vabbè, è tranquillissimo, parla anche l’italiano, quindi ci abbiamo fatto una bella chiacchierata, ignari della sua vera identità.
Però nel complesso le lezioni si svolgono bene e siamo tutti dei pupilli D.O.C., o quasi tutti, la povera Paola non è certo fatta per le lingue e rimane un po’ indietro, ma lei è qui per costruire un ospedale non per farsi dar retta dalle canaglie!
A Njombe fa abbastanza freddo la notte, ma è anche vero che sta per arrivare l’estate … in Tanzania, eh, perché qui il caldo non ci arriva, ma noi siamo preparatissimi per qualsiasi eventualità, quindi nemmeno la stagione delle piogge mi fa paura … o forse un po’ sì, a causa delle pulci penetranti, ma andiamo avanti che è meglio …
Comunque, non vedo l’ora che si torni al villaggio per cominciare questo lavoro; fino ad ora non si fa altro che parlarne, dei suoi pregi e dei suoi difetti, ma ancora non siamo in contatto con i bambini e qui a Njombe non si fa altro che mangiare … eh certo, quando uno studia tutto il giorno … e comunque il cibo è buonissimo, tante verdure, riso, patate, ma buonissimo; di carne nemmeno l’ombra, l’abbiamo mangiata una volta al ristorante e stop, costa tanto, e a vedere quei pezzi di carne appesi al mercato, ricoperti di mosche, sinceramente non mi fa tanto gola … preferisco tenermi il viso pallidissimo, e così pallido non lo è mai stato!
Quindi, si studia, si mangia, e il pomeriggio dopo le lezioni ci s’ha voglia di farsi una corsa, qualsiasi cosa pur di muoversi.
Ieri, io e Paola, la mia compagna (…ciociara…) di disavventure per eccellenza, siamo andate a Njombe a piedi, 6 chilometri molto interessanti in cui non siamo certo passate inosservate, però è stato divertente, eravamo un po’ a disagio da tutta quest’attenzione stile zoo, abbiamo fatto un po’ di “shopping” e, seguendo le mode del luogo, abbiamo comprato dei nuovi kanga… allora, i kanga, sono dei teli colorati che si mettono stile gonna sopra i pantaloni e che bisogna indossare, per forza, in qualsiasi esigenza, se si vuole uscire di casa. C’è chi ci fa dei vestiti, c’è chi se li mette in testa … noi per il momento ci limitiamo a coprirci solo le gambe!
Al ritorno da Njombe abbiamo preso il nostro primo Daladala, che è una specie di pulmino minuscolo che fa salire il maggior numero di persone, in qualsiasi direzione, orizzontale, verticale, diagonale … stile puzzle 3D!!! Erano fierissimi di avere due bianche a bordo e, a destinazione, hanno anche voluto fare una foto con noi; per il prezzo, ci hanno chiesto 500 scellini anziché 300, però eravamo preparate a farci fregare, almeno la prima volta, è normale!!
Questo fine settimana andiamo a trovare Tumaini all’ospedale, a 2 ore da qui, poi torniamo finalmente al villaggio, o più semplicemente a casa; eh sì, lì, ci sentiamo veramente a casa! Non lo dico solo io, ma è una sensazione generale di tutti noi. Essa è molto accogliente con un cortiletto interno che fa da punto d’incontro, e poi fuori ci sono i bambini che li vedi passare mentre vanno a scuola, mentre vanno a lavorare nei campi o mentre giocano insieme. Loro abitano in 8 case sparse intorno, divisi a seconda dell’età e del sesso. Quando usciamo, smettono di fare quello che stavano facendo per venirci ad abbracciare, in collo o per parlare con noi (loro parlano … perché noi ancora non tanto!). Dei bambini ancora preferisco non parlarne perché non li conosco abbastanza anche se sono già completamente caduta al loro fascino. Quando sono con loro, non penso più a niente, sto bene e basta! Loro hanno un sorriso contagioso, così bello da invidiare; in realtà non hanno veramente niente da ridere, ma a loro non importa e lo fanno meglio di qualsiasi altra persona; durante quest’anno penso che saranno loro ad insegnare me, molto più di quanto io possa insegnare loro.
Ma appena posso, che ho tempo e buona volontà, farò in modo di farvi vedere un po’ di foto, senza dover aspettare Gennaio.
Non penso che sia necessario dirvi le mie impressioni sul posto, le capite già da voi. O forse, per finire, avrei da aggiungere una sola piccola impressione…una sola cosa, che di per sé, potrebbe spingere qualsiasi persona a venire qui e vederlo con i propri occhi: il cielo stellato di notte, e la luna a testa in giù. Io l’ho visto per la prima volta la prima sera che ho dormito al villaggio dei bambini. Sono rimasta commossa, imbambolata a testa in su, nel freddo, per 20 minuti, per capire. Non so che cosa abbia in più, il cielo sembra più profondo, più nero o con più stelle. Poi anche la luna…è più gialla, più tonda, più vicina e capovolta!!! Anche quando era a metà, avrei voluto avere un cavallo per farmi una passeggiata nei campi silenziosi poiché tutto era così chiaro e tenue. Qui non ci sono lampioni, è già tanto se le case hanno l’elettricità quindi è veramente un cielo stellato incontaminato. Non vedo l’ora di tornare al villaggio per potermi mettere di nuovo a testa in su!!!!
Spero di non avervi annoiato troppo, scusate se forse non ho le idee chiare, ma lo sapete bene, sono alquanto scompaginata di mio … prometto che le prossime mails saranno più chiare e più coincise.
Mi raccomando, conto su di voi e sulle vostre risposte, anche brevi, ma qua in mezzo alla giungla vi penso molto a tuttttiii. Se avete delle richieste o se volete delle precisioni, fatemele sapere. E poi voglio sapere anche come state voi … a casa, all’Albergo, ad Arezzo, a Firenze, a Bologna, a Roma, a Parigi, a Londra, in Brasile e persino in Afghanistan … se ho dimenticato qualcuno, ditemelo!!!
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