Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
PalestinaData di partenza
2002Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)La suddivisione dei territori tra israeliani e palestinesi, la ragioni delle donne pacifiste dell’una e dell’altra parte e una manifestazione delle “Donne in nero”, in un clima tutt’altro che disteso. Flora Ritter è testimone di tutto questo, a Tel Aviv, nel 2002.
Venerdi, 8 marzo
Siamo a Tel Aviv. Donne pacifiste, per l’80 per cento ebree e per un 20% israeliano-palestinesi, si dividono in piccoli gruppi, per presentare in tutte le ambasciate il documento con cui Bat-Shalom chiede la fine dell’occupazione e un immediato intervento internazionale che blocchi la spirale di violenza. Il documento parla di due popoli e due stati, di diritto al ritorno per i profughi, di ritiro dai territori occupati (compresi Siria e Libano).
Nel mio gruppo siamo soltanto tre. “Chissà se ci invitano a visitare il Portogallo”, scherza Ztìpora, ebrea canadese. Da bambina sentiva ogni giorno l’altoparlante invitare le famiglie ebree ad andarsene, a lasciare il Paese. Quando da adulta chiedeva giornate libere, non pagate, per le feste religiose (pur non essendo credente), si vedeva rifiutare il lavoro. Vivere liberamente, in Israele, la propria identità è stata per lei una conquista. Salwa vive a Nazareth e parla un po’ di italiano. Ogni giorno vede di lontano il suo villaggio nativo, con la tomba del padre, ucciso dagli israeliani nel ‘48, quando sua madre era incinta di lei. Salwa vorrebbe tornare nella sua casa. “Ma là oggi vivono altre persone, non è realistico chiedere il ritorno ai confini del ’48”, osserva Ztípora. “In quel paese non vive nessuno: è zona militare. Perché non posso fare almeno una visita alla tomba di mio padre?” replica Salwa piangendo.
Dopo la visita all’ambasciata, facciamo un giro in città, visitando la lapide agli israeliani morti per un attentato nel 97. Le due le donne si dichiarano disponibili a venire in Italia per parlare del conflitto che insanguina il Medio Oriente. Ritroviamo le nostre compagne a Ben Zion Avenue, uno dei due punti ove le «Donne in Nero» manifestano ogni venerdì, dal 1987, la loro opposizione alla politica di guerra del governo. Siamo un centinaio di donne con i nostri striscioni e le mani di Fatima con le scritte “Stop all’occupazione”.
Clacson di approvazione si alternano a uova ed insulti lanciati dai finestrini delle auto. Qui ci vuole davvero coraggio per restare immobili, tranquille per 15 anni, ad urlare silenziosamente il proprio dissenso e il proprio dolore. A dichiarare pubblicamente che gli israeliani non sono assediati ma occupanti.
Ripiegati infine gli striscioni e riposte le manine, salutiamo le nostre amiche, che ci ringraziano e dicono quanto sia importante portare la loro voce di dissenso e di opposizione fuori dei confini d’Israele.
Il viaggio
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