Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
20.11.1955Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Da emigrata senza ritorno – se non per brevi periodi di vacanza -, Adriana Barbano descrive la sensazione di spaesamento sperimentata da chi, come lei, non si sente radicata in alcun luogo.
Mi piaceva frequentare la scuola, non avevo inconvenienti né con la lingua né con le mie compagne e ancor meno con le professoresse che stimavano molto la mia applicazione agli studi. Una lingua straniera, ai dodici anni e stando immersi nel luogo dove si parla, s’impara con molta facilità e rapidità. Inoltre con un poco di riflessione, al confrontare le due lingue non è difficile distinguere le simmetrie e le dissimmetrie. Frequentati i primi due anni in una istituzione privata, passai in un’altra, pubblica, dove finii la mia istruzione secondaria.
Ritornando alla mia famiglia, ora aumentata (per la nascita di una sorellina, Ndr), devo dire che nel ’58 ritornammo in Italia per la prima volta, in vacanze. La nonna, che ci aveva preoccupati tanto, stava bene ma il nonno era morto all’improvviso. Il resto dei parenti più o meno continuava la vita di sempre e, certamente, erano molto contenti di rivederci.
Questo viaggio per me fu come ritornare alla vita moderna, a rivedere tante cose belle, le novità, la moda, ecc. Anche se ormai, bene o male, mi ero abituata a vivere a Córdoba, veramente mi sentivo molto contenta per il ritorno. Ma qui si profila un problema comune a tutti gli emigrati. A misura che passa il tempo, come ho già detto, ci si abitua a vivere nel nuovo paese, si acquistano nuove consuetudini, c’è un adattamento, logico ma anche necessario, grazie alla flessibilità naturale dell’essere umano di adeguarsi alle nuove circostanze. Quando le persone emigrano, lasciano un “vuoto” nella società che viene occupato immediatamente da quelli che rimangono. Quando l’emigrato ritorna nel paese di origine, non trova più posto per lui, si sente piuttosto estraneo, come se non appartenesse più al gruppo. Per completare questo panorama drammatico, forse comune a tutti gli emigrati, si deve aggiungere che per più che si inserisca nel paese ospite, in genere non si sente totalmente integrato. Infatti una parte delle sue radici sono rimaste nel suo paese d’origine, il senso di appartenenza può essere affievolito, ma non si perde. L’altra parte delle radici affonda nel nuovo paese. In definitiva: nel paese ospite non si sente mai completamente “radicato”, quando ritorna nel suo paese, si sente quasi straniero. Non c’è più posto per lui, inoltre non dobbiamo dimenticare l’evoluzione avvenuta nel paese d’origine, che si contrappone al ricordo. A questo punto si percepisce il senso profondo dello sradicamento (“el desarraigo”), credo che tutti gli emigrati provino questa sensazione che non cambia molto con gli anni e non mi pare collegata alla maggior o minor fortuna fatta nel paese ospite. Certamente non posso assicurare che per tutti sia così. Nel mio caso, dopo 49 anni di residenza, vissuti con intensità e felicità, continuo a sentirmi sradicata.
Il viaggio
Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
20.11.1955Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Adriana Barbano
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