Mestieri
imprenditore edileLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
1950Data di ritorno
1955Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Adelina e Sergio Bartolucci sono in viaggio per l’Argentina, dove contano di appoggiarsi, almeno per i primi tempi, a certi parenti di lui. Con loro viaggia il compaesano Roberto Storti.
Si partì verso mezzogiorno, nella banchina c’era una folla di parenti tutti con gli occhi lucidi che salutavano, da parte nostra c’era solo il mio amico Tonio Gostoli che, da Milano, era venuto apposta a salutarci. Già che la partenza per posti così lontani è di per sé dolorosa, ci si mettevano anche gli altoparlanti diffondendo musiche strappalacrime della vecchia emigrazione. In serata eravamo a Napoli dove completarono il carico e poi, via, per il mare aperto. Il mar Mediterraneo era tranquillo e tutti stavamo bene. Passammo Gibilterra il giorno di San Giuseppe il 19 marzo 1950 e ci addentrammo nell’oceano. Era molto mosso. Ad Adelina cominciò a venire il mal di mare, se lo portò fino all’arrivo. Un po’ anche per il suo stato, nel viaggio perse sette chili. […]
L’intero viaggio durò ventiquattro giorni, ci fermammo a Rio de Janeiro, Santos e Montevideo, arrivammo a Buenos Aires il giorno del Venerdì Santo. Alla banchina, all’arrivo, dietro le transenne, c’era una folla di gente, ognuno aspettava che i suoi sbarcassero. C’era una gran confusione, le grida si intrecciavano. Con Adelina e Roberto, decidemmo di aspettare che la gente sfoltisse. Non conoscevamo nessuno e quindi decidemmo di scendere solo all’ultimo momento. Quando fummo a terra, già preoccupati che nessuno dei parenti ci avesse cercato ed avviliti dal fatto che i pochi soldi che avevamo alla partenza erano già finiti, erano giorno che non fumavo neanche più, quando ci avvisarono che i bagagli non li avrebbero consegnati prima del Lunedì di Pasqua. Dovevamo fare ancora 400 chilometri per raggiungere Mar del Plata.
Stavamo uscendo, ancora in fila, visto che la gente era comunque ancora tanta, quando sentii una voce che chiamava Storti. Quando dissi: “Storti è qui!!” mi si presentò davanti un ometto alto circa un metro e mezzo, poi sapemmo che lo soprannominavano Il Petisso (cioè il Piccolino). Era un nostro paesano che, incaricato dai nostri parenti, veniva dal Mar del Plata per incontrarci. Ci si aprì il cuore. Trovarci in una grande metropoli come Buenos Aires senza soldi, senza conoscere la lingua, sarebbe stato un vero problema. […]
Il lunedì prendemmo il pullman e a sera inoltrata arrivammo a Mar del Plata. […] il sig. Ernesto Bartolucci ci accompagnò a casa e lì trovammo tutta la famiglia radunata che ci aspettava, compresi i figli, i nipoti e la vecchia zia di mio padre, aveva più di novant’anni, era a letto con l’influenza. Ci accolsero come dei figli. la vecchina si raccomandava, nel vecchio dialetto mercatellese frammisto allo spagnolo, difficile da comprendere: “Set bravi compagneri”. Cenammo ed a notte tarda ci accompagnarono alla dimora che ci avevano preparato.
Il viaggio
Mestieri
imprenditore edileLivello di scolarizzazione
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Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Sergio Bartolucci
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