Mestieri
pittriceLivello di scolarizzazione
Accademia delle Belle ArtiPaesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1951Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Franca Barbara Frittelli è la vincitrice di una borsa Fulbright e nel 1951 è in partenza per gli Stati Uniti.
Giugno 1951 – Genova. La partenza. La nave.
Una nave bianca e pura era dunque la mia.
Era un buon segno e splendeva in mare come un regalo. Avevo lasciato Firenze accompagnata da mia sorella e ora ero sulla via del porto, una strada piena di curve che scivolava petrosa giù per i bassi fondi di Genova. C’eravamo stati la sera prima laggiù per cena con mia sorella e il suo fidanzato, senza saperlo. Al ritorno nella notte fra donnette e marinai, pareva ci fosse un concerto da quelle parti!
La stazione portuale era veramente una cosa faticosa (in certe occasioni sarebbe bello essere ricchi e avere della servitù intorno a far tutto per noi!). Ad un certo punto trovata la via giusta per entrare, attaccati i cartellini Home Lines alle varie valigie, fui mandata nella sala dove dovevo stare in fila con gli altri viaggiatori di Cabin Class. Dalla parte opposta alla mia c’era la fila degli emigranti, sporchi e stanchi, che si pigiavano, si urtavano, si leticavano, sfiniti dal caldo e dall’ossessione. Oh! gli emigranti devono provare tanto in certi momenti! Lasciano la propria terra perché non hanno da vivere e vanno verso un’altra senza conoscerla, senza poter sapere cosa capiterà. Era la prima volta che vedevo i famosi emigranti. Li guardavo soffrendo senza potermi voltare ad osservare i ricchi con i quali ero in fila. Mentre ero così invasa dalla loro turbolenza, un uomo piccolo e piuttosto giovane, con la testa tonda come uno zucchino, strangolato al collo da un fiocchetto viola dal quale saltavano fuori sul naso gli occhiali tondi cerchiati d’argento, mi s’avvicinò sorridendo per sapere se ero “una borsa Fulbright”. Sorpresa, risposi di sì. Mi spiegò che doveva cercare i sette laureati che andavano in America con la borsa Fulbright e che stava puntando tutte le facce per riconoscerci. Mi fece voltare e dietro di me mi presentò altri due “fortunati”: Paolo e Franco. Questo incaricato volle sapere ancora qualcosa di me; scrittone ciò che gli parve opportuno, mi chiese di aspettarlo poi vicino al ponte della nave per le fotografie da pubblicare sui giornali, ecc…
Durante la fila i documenti salirono come la febbre, non sapevo più in quante mani fossero passati e quanti se ne fossero aggiunti, ma finalmente il termometro calò e fui libera sulla darsena. La grande nave era proprio al mio naso. Potevo toccare ora tutta quella magia! Fui raggiunta di nuovo dal nostro addetto ed altri due “fortunati” mi vennero incontro: uno veterinario e l’altro un letterato. L’ingegnere, già conosciuto a Firenze ad un cocktail d’addio all’ambasciata americana, arrivò anche lui sul ponte come un topo spaventato. La settima “fortunata” mancava, ma nessuno la cercava ed io da altro canto non sapevo che esistesse.
Il viaggio
Mestieri
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