Fuggiaschi e bombe

Per raggiungere la Palestina, gli emigranti tedeschi e quelli dell’Europa orientale confluivano a Trieste, ove l’Agenzia Ebraica aveva predisposto un ostello, per il loro soggiorno, in attesa di imbarco. Il Lloyd Triestino aveva organizzato una linea regolare settimanale per far fronte al traffico, diretto ora principalmente a Caifa, anziché alla rada di Giaffa che era stata originariamente lo scalo d’accesso nel Paese.

Anche l’esportazione di agrumi fu concentrata a Caifa, dove la frutta poteva essere depositata negli appositi magazzini in attesa di caricazione sulle navi del Lloyd. L’Agenzia di Caifa doveva quindi venir potenziata e la Direzione generale si indusse di trasferirmi colà. Un elemento in più non risolveva però tutti i problemi e io dovetti svolgere la mia attività in un ambiente non facile per i rapporti umani, dove non esisteva orario di lavoro e la presenza del Personale sia all’arrivo delle navi all’alba o la partenza a tarda sera, era indispensabile.

Nemmeno in quegli anni la vita in Palestina era tranquilla. Ma quando lo è mai stata? il secondo giorno dopo il mio arrivo, ritornato in ufficio dopo la pausa meridiana, sentii una forte esplosione. Mi dissero che alla fermata dell’autobus dal quale ero disceso poco prima era scoppiata una bomba. Con fare bonario e rassegnato un vecchio polacco mi disse in jiddish “Man gevont sich zu”: di si abitua. Di rimando un giovane fece eco:”Jihie tov” – Finirà bene -. Sul tetto delle case che confinavano col quartiere arabo stavano di guardia i giovani volontari della “Haganà”, l’organizzazione di autodifesa ebraica senza la quale né in città, né in campagna gli Ebrei avrebbero potuto vivere e lavorare. La protezione della polizia inglese era di fatto inesistente e i “gaffirim”, ebrei ed arabi, corpo di polizia indigena, etano in pochi e inefficienti.