“Garibaldi” nell’Union Army

28.7.’64

Caro Padre!

T’ho scritto varie lettere, ma ho poca speranza che tu ne abbia ricevuta alcuna, poiché i ribelli molte volte prendono i nostri corrieri, come noi prendiamo i loro. Dal giorno che mi arruolai (8 mesi fa) non ebbi alcuna tua lettera; 4 settimane fa, ne ricevetti una da New York che mi domandava se avessi ricevuta una lettera venuta d’Italia; ma anche questa vedo che è andata perduta.

La guerra qui prende sempre maggior forza, tanto più che i ribelli hanno adesso qualche vantaggio, per me non vedo alcun prospetto di pronta fine, perché qui non ci si batte per prendere una buona posizione, per costringere il nemico a ritirarsi su certi punti ecc. ecc. ecc., ma solamente per ammazzarsi. Alla battaglia del Wilderness abbiamo perduto solamente in morte 30,000 uomini! E dopo la battaglia nessuna delle due parti sapea chi fosse il vincitore, poiché ambi tenevano circa la medesima posizione che aveano prima della battaglia. I prigionieri in alcuni luoghi si fanno morire di fame, in alcuni si tagliano prima a pezzi e quindi si finiscono appiccandoli agli alberi e quindi adoperandoli come bersaglio, infatti si adoperano tutti i tormenti possibili; questo è ciò che fanno i ribelli; noi però trattiamo i prigionieri un poco meglio. I reggimenti entrano in campagna con 1000 uomini ciascuno, dopo pochi mesi essi vengono ridotti a 2 o trecento, e quando son passati i tre anni d’ingaggiamento ritornano in venti, trenta uomini. […]

Nel reggimento vengo chiamato Garibaldi, e non mi si conosce che con questo nome poiché sono l’unico Italiano che faccia parte di questo reggimento. Ce n’era un altro ma dopo pochi giorni di servizio è stato preso e squartato; per me i ribelli avranno a mangiare qualche centinajo di libbre di tabacco prima di prendermi vivo.