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paesaggioPatrizia si reca a Gerico da Gerusalemme, e compie un’altra tappa dell’importante cammino, anche interiore, svolto in Terra Santa alla fine del 2004.
30 dicembre 2004
Questa mattina siamo andati a Gerico, anzi, percorrendo una strada che conduce fino a trecento metri sotto il livello del mare, siamo “scesi” a Gerico, nella valle del Giordano,. Abbiamo attraversato una parte di deserto veramente affascinante, un paesaggio lunare di ciottoli grigi e ghiaia, in parte ricoperto da un’erba giovane che serve per le magre greggi dei pastori nomadi accampati tra queste basse rocce. Abbiamo visto le loro abitazioni di tende e lamiere, i recinti con gli animali, circondanti da un silenzio interrotto solo dal rumore dei pochi veicoli che transitano per questa strada. Ogni tanto un cartello segnalava quanti metri scendevamo sotto il livello del mare. Mi stupisce sempre oltrepassare questo limite, avanzare in uno spazio solitamente precluso e quasi ovunque occupato dalle acque… è uno stimolo e una provocazione, perché è dunque possibile andare oltre la superficie…
Passiamo in mezzo ad una discarica a cielo aperto, moltissimi aironi bianchi, moltissimi corvi tra le immondizie, ma ci sono anche alcuni uomini intenti a cercare tra i rifiuti e qualche bimbo…ognuno di loro ha un nome, una storia, una vita.
Nei campi coltivati incontriamo i contadini del PARC, tra loro, chino a zappare, un medico radiologo palestinese, laureato in Germania. Ci raccontano la fatica che quotidianamente sopportano, non la fatica del loro lavoro fisico, duro e poco redditizio, ma quella di resistere, senza arrendersi e senza reagire con la violenza, ai soprusi continuamente subiti. Alcuni di loro partono da Ramallah ogni mattina alle 3.30 e ieri, nonostante un regolare permesso rilasciato dalle autorità israeliane, al cechk-point sono stati fermati e gli è stato impedito di passare.
Ahmad insiste perché io controlli la validità del suo lasciapassare, gli rispondo – tramite Kamal – che il documento è scritto in ebraico e arabo, lingue che non conosco, ma insistite perché io controlli almeno la data di rilascio e quella di scadenza, perché verifichi che i numeri della carta d’identità corrispondono realmente alla sua. Vuole dimostrare di essere nella legalità, ha bisogno che qualcuno gli creda… In questi giorni la mia impotenza davanti a tutte queste ingiustizie è diventata la mia umiliazione.
Gerico si trova in una delle più fertili ed importanti zone agricole della Palestina; gli abitanti la definiscono “un cesto di frutta e verdura in pieno inverno”, ma sono moltissime le difficoltà che indeboliscono questa popolazione, per esempio la mancanza d’acqua. Andiamo a visitare un pozzo, ci raccontano che ce ne sono 40, ormai quasi tutti asciutti; i Palestinesi non hanno mezzi tecnici per scavare in profondità e i loro pozzi sono a 60-70 metri ma accanto, in questi periodi di occupazione, gli Israeliani hanno scavato pozzi molto più profondi così quelli più in superficie si sono seccati oppure vi è aumentata la quantità di sale rendendo l’acqua quasi inutilizzabile. Sono soprusi che condannano alla miseria, alla disoccupazione, alla rabbia. Le parole del nostro accompagnatore sono semplici: “il contadino palestinese è capace di lavorare, ma quando non trova lavoro non sa più cosa fare”. Incontriamo il Consiglio Comunale, appena eletto; è presente anche il Sindaco. Siamo seduti intorno ad un tavolo ovale, nella sede dell’Associazione Ingegneri agrari, che organizza corsi di preparazione per la coltivazione del terreno di questa zona. Uno dei consiglieri più anziani porta la kefiah, gli altri indossano la giacca; ci ricevono come ospiti importanti, li ascoltiamo con grande attenzione e con profondo rispetto. La considerazione che hanno verso di noi mi colpisce e si trasforma in responsabilità, accettare in dono il racconto della loro vita significa non poter più fare finta di non sapere, di non aver visto. “Il lavoro migliore, qui, è la coltivazione delle banane; in questa terra le radici delle banane sono le radici stesse della popolazione, ma il contadino di Gerico viene costretto dalle autorità israeliane a venderne 1 tonnellata per 100 dollari, mentre il prodotto dei contadini israeliani vale 150 dollari per 1 tonnellata e solo loro possono venderle nei Territori occupati.”
Ci raccontano poi della difficoltà di trasportare le merci a causa dei cechk-point e anche dell’impossibilità di promuovere il turismo, nonostante Gerico sia una delle più antiche città del mondo, abitata da 10.000 anni, abbia splendidi ed importanti siti archeologici e sia stata inserita dall’Unesco nel Patrimonio dell’umanità. Hanno seri problemi economici, un tasso di disoccupazione molto alto, ma non vogliono aiuti finanziari; ci chiedono, come tutti quelli che incontriamo durante questo viaggio, di raccontare quello che abbiamo visto, di fare informazione su quanto accade in questa terra. “Non lasciateci soli”.
Facciamo un giro per il centro di Gerico, un piccolo mercato, portici con semplici negozi. Ovunque manifesti elettorali. I candidati sorridono, forse anche qui, come da noi, tutti fanno promesse…
Ci sono soprattutto uomini per strada, sono cordiali e curiosi, mai invadenti. Mangiamo acquistando panini e frutta, i prezzi sono incredibilmente bassi per noi: 10 panini a 3 shekel , 30 centesimi di euro, 1 chilo di mandarini a 2 shekel. I colori dei banchi di frutta riempiono la piazza, ovunque arancione e giallo, quantità enormi di mandarini arance limoni banane. Visitiamo i resti del Qasr Hisham, magnifica testimonianza della raffinata arte islamica. All’interno un mosaico carico di saggezza, “Il ciclo della vita”: un leone sta divorando una gazzella che sta mangiando le foglie di un grande albero…
Oggi è previsto anche un bagno nel Mar Morto. Questi giorni sono talmente pieni di avvenimenti e incontri che ognuno sembra duri almeno 48 ore! Arriviamo alla spiaggia che sono già le 16, il sole non è più caldo come questa mattina, ma l’aria è secca e ferma, anche il tempo mi sembra fermo in questo silenzio, in questi spazi vasti e vuoti per i miei occhi abituati alle case al traffico ai centri commerciali ai bar sulla spiaggia con la musica e la pubblicità… Non capisco con quale volontà decido di fare il bagno, ma in questi giorni sto sperimentando che si vive anche senza tutte le comodità a cui sono abituata. Mi tolgo il pullover di lana, i vestiti, poi indosso un bikini, non mi vergogno, o meglio non penso neppure se mi vergogno. Ho la speranza che immergermi in quest’acqua così ricca di sale sia una specie di rito di purificazione in vista dell’anno che inizierà tra poco.
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