Mestieri
vigile urbano, fotografo, custodeLivello di scolarizzazione
diploma scuola media professionale (avviamento)Paesi di emigrazione
CubaData di partenza
1983Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Aldo Abuaf è un milanese che ha lasciato la vita “borghese” e capitalista dell’Occidente, nonché una famiglia, e si è trasferito a Cuba da cinque anni.
La mia vita quotidiana era serena, non avevo avuto problemi ad inserirmi anche perché, onestamente, devo riconoscere che il mio standard di vita era ben superiore alla media: abitavo nei “quartieri alti”, avevo una macchina che mi ero potuto comprare con i precedenti lavori, retribuito in valuta, una bella bicicletta italiana che molti mi invidiavano, finché non me l’hanno rubata. Lavoravo in una Empresa privilegiata, con un compito che mi piaceva. Essendo comunque di gusti semplici, mi rallegravo quando alla bodega arrivava la quota di refresco o di birra che, pur non essendone bevitore, che ci toccava.
Un bel giorno però questa tranquillità si è interrotta.
Norma aveva un genero, Jesus Rodriguez, marito della figlia maggiore, Normita, che abita all’angolo della residenza anagrafica di Fidel, in calle 11. Jesus è un bravo ragazzo che lavorava come meccanico di aerei alla Cubana. Un giorno, dopo che aveva divorziato da Normita, è stato mandato a Città del Messico per riparare un Ilyushin e ne ha approfittato per fuggire negli Stati Uniti. Qualche anno dopo, tornato vicino alla costa cubana, con un motoscafo, per portarsi via la sua compagna di allora, è stato catturato e messo in galera.
È un ragazzo molto servizievole ed era molto legato a noi. Siccome a quel tempo non avevamo telefono, mentre loro lo avevano, Jesus è venuto a bussare alla nostra finestra dicendo che Claudio, il figlio di Norma che viveva con noi, si trovava in stato di fermo ad un comando di polizia. Lo avevano trovato senza patente, in quanto non ne aveva l’età, alla guida di un auto che risultava essere la mia. In effetti guardando fuori ho visto che la mia auto non era parcheggiata dove l’avevo lasciata la sera prima. L’ha ritrovata nel parcheggio della Unidad de Policia di Zapata y C., competente per il territorio del Vedado. All’interno ho incontrato Claudio, con altri tre “figli di papà”, dall’aria apparentemente contrita.
I ragazzi avevano ammesso che l’auto era stata presa a mia insaputa e la polizia sapeva già che quello di rubare le macchine ai familiari era uno degli svaghi preferiti dei figli dei dirigenti. […] qualche tempo dopo, Claudio e la sua banda sono stati sorpresi nel garage di uno di loro, mentre facevano l’inventario di accessori e ricambi rubati. Essendo tutti figli di personaggi importanti sono stati denunciati a piede libero pur se le pene, previste e richieste dal PM, fossero pesantissime. Il processo, rinviato varie volte, quando alla fine si è celebrato, ha visto la richiesta per lui di nove anni. Lo hanno condannato a tre, con tutti i benefini di legge, così non ha scontato nemmeno un giorno in guardina.
Avendo già nutrito dubbi, in altre occasioni, quel giorno ho avuto la certezza che la Giustizia Rivoluzionaria non fosse migliore di quella delle pseudo-democrazie borghesi, per dirla alla Fidel.
Il viaggio
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