Mestieri
perito agrarioLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
MozambicoData di partenza
1978Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Temi
violenzaTemi
violenzaMentre svolge la propria attività di perito agricolo, girando per le aziende del sud Mozambico a fine anni ’70, Roberto rischia la vita: in più di un’occasione, i guerriglieri attivi nella zona, ostili al Fronte di Liberazione che ha preso il potere dopo la dominazione portoghese, minacciano la sua vita e quella dei suoi colleghi italiani. Un episodio, in particolare, lo convincerà a tornare in Italia.
21/5/79
Ieri mi sono preso una delle paure più grandi della mia vita al rientro da Catuane, la più meridionale delle aziende agricole di stato, al confine con il Sud Africa, dove ero andato per un’ispezione tecnica con Impiglia, un mio amico della F.A.O. Da questa località bisogna percorrere una quarantina di chilometri di pista per arrivare alla strada asfaltata, a Boane, poi un’altra trentina per rientrare nella capitale. Il tutto è successo verso sera, poco prima di notte quando ci trovavamo più o meno a metà percorso, su una strada in pessime condizioni a causa della pioggia, praticamente uno strato di fanghiglia viscida che non ci permetteva di marciare a più di quaranta-cinquanta chilometri all’ora cori la nostra Lend Rover con i contrassegni delle Nazioni Unite. Ad un certo punto un fuoristrada, una Uaz di tipo militare, con quattro africani a bordo, proveniente dalla direzione opposta alla nostra ci ha incrociato. Ho dovuto rallentare per il fondo cattivo e la ridotta larghezza della carreggiata, non essendo possibile un passaggio in velocità e, mentre ci incrociavamo, a pochi decimetri gli uni dagli altri, le quattro facce si sono voltate contemporaneamente verso di noi ed abbiamo notato un brevissimo concigliabolo fra gli occupanti dell’auto. Nulla di strano direte, una situazione che si può verificare, se non che, allo stesso momento, io ed il mio compagno ci siamo guardati in faccia e ci siamo sentiti gelare. Abbiamo sentito ambedue una sensazione di tipo “extrasensoriale”, di quelle che si provano raramente nella vita ed a cui, credo, bisogna sempre dar fede. Lui ha gridato: “dai gas, dai gas…!” ma io lo avevo già fatto. E, mentre partivo a razzo, ho visto nello specchietto laterale l’altra auto invertire la marcia ed inseguirci. Ci siamo lanciati a velocità folle per lo stato di quella strada, sul filo dei cento all’ora, slittando nelle curve come si vede fare nei rallys. Gli altri dietro, senza pietà, con la massima velocità consentita dal motore a benzina, che gli permetteva di guadagnare lentamente metro su metro. Ad un certo punto ho cominciato a vedere delle fiammate ed udire degli spari, ci stavano tirando addosso. Abbiamo abbassato la testa ed ho dimenticato ogni paura di finire fuori strada pigiando l’acceleratore a tavoletta, se il mio destino era di morire meglio schiantarmi contro un albero che finire sparati o tagliati a pezzettíni. Poi, fortunatamente, sono cominciate una serie di curve abbastanza strette che gli hanno impedito una buona visuale e quindi di sparare con efficacia, però il nostro vantaggio, anche se lentamente, diminuiva sempre di più. Nessun colpo ci aveva raggiunto fino a quel momento, grazie a Dio la mira degli africani non è mai stata eccezionale, soprattutto cori le armi automatiche. Ma, all’improvviso, mi sono accorto che non avevo più lo specchietto laterale, in più c’era un buchetto perfetto nel supporto metallico, cominciavo a vedermela brutta. In un attimo ho pensato ad eventuali soluzioni, l’unica accettabile era il buttarsi con la macchina tra i cespugli che limitavano la pista, aprire Io sportello e fuggire a gambe levate nella foresta, era ormai notte e quindi sarebbe stato facile nascondersi. Fortunatamente, mentre analizzavo nella mia mente le varie possibilità di scampo, quasi nessuna per la verità mi dava qualche sicurezza, siamo arrivati nel lungo rettilineo che congiunge la pista alla strada asfaltata. Pochi minuti e ce l’avremo fatta, a pochi chilometri c’è un posto di blocco fisso dell’esercito, dovevamo comunque arrivarci percorrendo la strada asfaltata e li la loro auto a benzina avrebbe avuto facilmente ragione della nostra a gasolio. All’improvviso, cori nostro grande sollievo abbiamo visto i fari dell’auto inseguitrice scomparire, erano tornati indietro. Non avevano voluto rischiare di incontrare qualche pattuglia dell’esercito o della polizia sempre presenti su quel tratto di strada nazionale che conduce al confine cori lo Swaziland. Sicuramente erano ribelli o disertori datisi al brigantaggio, non si fanno una ventina di chilometri sparando ad una macchina per chiedere dei fiammiferi, anche se si ha una grande voglia di fumare. All’arrivo a casa io e Leto ci siamo fatti due bei bicchieroni di whisky per toglierci di dosso un tremore da spavento che ci faceva battere i denti. Ne io ne lui siamo degli eroi ed il recente fatto di Sussundenga ci aveva molto “motivati” nella scelta della fuga.
Il viaggio
Mestieri
perito agrarioLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
MozambicoData di partenza
1978Periodo storico
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