Mestieri
sacerdoteLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
PoloniaData di partenza
1944Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Il conforto dei malati e l’estrema unzione ai defunti: così trascorrono le giornate dell’anonimo cappellano militare autore di un diario dal campo di concentramento nazista di Poznan, nel 1944.
23 aprile 1944
Domenica. Al campo non c’è quasi nessuno: chi al bagno, e i più a lavorare. Vado alla Knade ma non li trovo. Ritorno nel pomeriggio. Come sempre, i soldati sono felici di vedere il sacerdote. Mentre mi avvio nuovamente verso il campo odo venire dalla Cattedrale Evangelica un suono d’organo. Rallento il passo.
Quanti ricordi, quanta poesia, quanta nostalgia in quel suono che non sentivo più da otto mesi… Cammino quasi assorto, passo accanto a giardini fioriti, a gente che ancora sorride e non può comprendere quello che provo dentro. Io cammino, e penso alla via dell’infinito, di poco più lunga di questa via. del mio esilio.
24 aprile 1944. I francesi hanno preparato una mostra: Paris et la femme. L’ho visitata pochi giorni fa: è bella, allestita anche con gusto artistico. E nel visitarla al suono di belle canzoni si ha l’illusione di vivere un momento di un’altra vita. Oggi mi sono accorto che dei tre biglietti acquistati uno è stato sorteggiato. La non c’è molto da stare allegri: tre foto di Parigi!
25 aprile 1944. Stavo passeggiando lungo il viale, conversando in francese con un soldato: osservavo un nuvolone immenso, nero, proteso in un grande semicerchio, che avanzava nel cielo sereno come una grande onda sul mare. Lo spettacolo è impressionante, il tramonto diventa di un nero cupo. Pensiamo di ritirarci prima che si scateni il temporale ma, fatto il pensiero, la pioggia cade grossa, pesante, veemente, un vento furibondo la scaglia contro le pareti, lampi luminosi illuminano lo spettacolo e i tuoni fanno tremare anche le baracche. E’ una scena veramente grandiosa!
26 aprile 1944. Oggi un altro funerale: è morto il maresciallo Stoffoni. Si sono stretti intorno alla bara anche molti stranieri, fra cui una decina di ufficiali. Molte anche le corone, i cui co lori di tante nazioni hanno ricoperto una bara italiana. La vita separa con l’odio, la morte affratella con l’amore nel dolore. E la sposa, e i bambini lontani? Essi ancora non sanno, ma sapranno presto che il loro papà è rimasto in una terra straniera, e non tornerà più.
27 aprile 1944. Ho fatto una visita, al lazzaretto, e appena giunto sono stato chiamato al capezzale di un nostro soldato moribondo: Stua Gino. Dopo venti secondi spirava! L’ho visto io morire, quasi sorridente, ed ho pensato alle sue parole di molto tempo addietro, di quando cadde ammalato: “Io non rivedrò più i miei figli”. Sembra che la sentano, i destinati, questa terribile sventura… Quanto ho meditato accanto alla sua salma, fino a che l’ho vista deporre, nuda, nella cassa… Al cimitero degli italiani, una fossa in più.
29 aprile 1944. Il funerale di Stua. Le solite corone, i miei soliti pensieri, la costante visione di una madre, di una sposa, di barbini che aspettano una persona cara che non ritornerà mai più.
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