Mestieri
inpiegatoLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
LibiaData di partenza
1911Periodo storico
Periodo post-unitario (1876-1914)Da Breno a Palermo, e attraverso lo stretto di Sicilia fin davanti alla costa libica e alla città di Bengasi: l’artigliere Giuseppe Mariani, nel 1911, viaggia sulle navi della Regia Marina che prendono il controllo del Mediterraneo per isolare i rifornimenti dell’Impero Ottomano alle truppe di stanza in Cirenaica e Tripolitania.
Il Bastimento camminava a lumi spenti, mare calmo, cielo sereno. Il morale della truppa era alto. Il Bastimento avanzava sulla grande distesa delle acque come un’ombra, con rispetto di mistero, maestoso come se fosse stato conscio della metallica anima e della forza devastatrice che quella volta, l’unica forse, dal giorno del suo varo. Verso le ore 5 del giorno 16 entrammo nello stretto di Messina con un cielo limpidissimo e sereno. Albeggiava, un quadro stupendo, Messina vicina ed avvicinata ancora di più dalle lenti dei cannocchiali. Qualcuno dei miei compagni componenti questa mia Batteria Siciliana erano là per il terremoto, ne avevano subite le conseguenze e i disagi; e puranche noi dopo tante escursioni e istruzioni, figli di quei monti non avevamo invano lavorato, non ci eravamo arrampicati invano su per quelle vette e difficili balze, non avevamo risparmiato fatiche in marce lunghissime e disastrose per vincere nemici simulati, non esistenti; ora pieni di entusiasmo e di slancio e di fiducia in noi e nei nostri cannoni, partivamo per terre lontane per vincere nemici veri, quasi selvaggi ma valorosi nel tempo stesso; o per morire contenti di avere combattuto e sacrificato la vita per la Patria e col nome della Patria e dei nostri Cari sulle labbra. Alle ore 10 giungemmo ad Augusta dove parte della squadra al comando del Generale Aubri e ad altri trasportati provenienti da Napoli ci attendevano. Augusta mi piace tanto per la sua posizione incantevole e per la rada. A qualche centinaio di metri dalla costa, in mezzo al mare, sorge maestoso, solitario e romantico un antico Castello; i suoi muri e forti bastioni ora vecchi dagli anni e dal mare, albergavano un tempo signori potenti e quindi assistettero a feste e a grandi piaceri; in seguito il castello diventò carcere e alle feste passate succedettero i lamenti e lo strazio di tante anime forse innocenti, le bestemmie, le imprecazioni ed il lugubre trascinar di catene dei condannati. Ora le forze lo abbandonarono e gli è vietata anche la compagnia dei sofferenti: ora il Castello non è più carcere è condannato a rimanere solo in mezzo al mare fino a che l’acqua ricoprirà tutte queste mura che con l’andar del tempo cadranno rotolando e scomparirà completamente come tutte le cose di questo mondo hanno un principio e una fine.
Ed il Castello antico pare che ci incoraggi: pare che ci dica con un vago senso di amarezza: “Anch’io ho combattuto, ho sa puto resistere contro tutte le intemperie, contro tutti i nemici; ora le mie forze non sono più forti, mi abbandonarono: sono vecchio! ma fino all’ultimo estremo di mia vita resiste, orgoglioso e fiero delle battaglie combattute, delle ferite riportate, della fine che sono certo di fare. Vi auguro di vedervi ritornare felici del trionfo, di poter sentire i vostri canti, i vostri inni di vittoria. Andate: siete giovani, siete forti.” “Si, vecchio solitario castello, noi come te vogliamo combattere, faremo sforzi sovrumani, ci centuplicheremo anche, per far trionfare le nostre armi: questo è il nostro compito: Vittoria o Morte”. Alle ore 16 si salpò per destinazione ignota. Componevano il convoglio: 8 Piroscafi col Generale Amelio e Bricola. La scorta venne formata da 4 Corazzate, 1 Incrociatore e 7 Torpediniere d’alto mare. Il convoglio doveva volare con la velocità di otto nodi all’ora, il mare si manteneva ancora calmo, il cielo coperto. Appena fummo in alto mare si apprese che l’obbiettivo della Spedizione era Bengasi. Lo sbarco, se le condizioni ci fossero state favorevoli, avrebbe dovuto avvenire verso la Punta della Giuliana e i nostri pezzi avremmo dovuto traspor-tarli a terra senza quadrupedi. Verso sera incominciò la pioggia. Il giorno appresso, 17 Ottobre, continuammo la traversata tranquilla. Nel pomeriggio il mare cominciò a diventare un po’ burrascoso, è successo fra qualcuno il noto mal di mare, ché, benché faticosa, la nostra Artiglieria, deve sempre preferire la marcia a piedi e in montagna. Il giorno dopo alle 8 di mattina giungemmo nelle acque di Bengasi. La città, vista dal mare, è graziosissima: ha il suo porto benché piccolo, belle casupole dipinte a vari colori, e una gran quantità di palmizi sulla sinistra, guardando dal mare, ed una Caserma bellissima, detta Bercha, sulla di lui terrazza sventolava la bandiera Turca.
Il viaggio
Mestieri
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LibiaData di partenza
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