Mestieri
imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola agrariaPaesi di emigrazione
CongoData di partenza
1917Data di ritorno
1974Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Il 1960 è l’anno dell’indipendenza per il Congo.
Presagendo un periodo critico avevo provveduto a far rientrare in l’Italia Luciana con i nostri due figli Domenico ed Enrico, prima del 30 giugno 1960, data fissata per il passaggio all’indipendenza.
Mio cognato Walter le chiese di prendere con lei la sua figliola Norma che aveva l’età di Domenico.
La solitudine per me era triste, ma la decisione si dimostrò saggia perché, da solo, potevo muovermi più rapidamente e con minori preoccupazioni. Il mattino del 30 giugno si presentò con un bel cielo azzurro e sereno: eravamo nella stagione secca e per sei mesi non avremmo visto una goccia d’acqua.
La mia attività principale era quella di impresario edile, inoltre possedevo una piccola fattoria a circa 15 chilometri dalla città, in una località chiamata Luafo, dal fiumicello omonimo che l’attraversava. Più che altro, con questa piccola fattoria, coltivavo il piacere di poter continuare a occuparmi di agricoltura e di allevamento. Possedevo infatti una cinquantina di capi di bovini e una porcilaia con una ventina di suini. Erano più l’impegno e le spese che i benefici.
Ero partito dalla grossa “Farm” famigliare a Musonoi-Kolwezi già dal 1943, un anno dopo la morte di mio padre. Visti gli studi fatti in Italia, mi ritenevo competente in questioni agricole, ma non mi piaceva sottostare, alle prepotenze e all’incompetenza di mia madre e mio fratello e così, conosciuta Luciana, non avevo esitato minimamente a lasciare la “Farm” per andare a lavorare a Likasi.
Quel mattino mi recai di buon ora a Luafo per ritirare il latte e rapidamente rientrai a casa. La città era deserta, non si vedeva nessuno per strada, tutti erano chiusi nelle loro case. Regnava un clima di paura, tuttavia tutto sembrava tranquillo.
Le prime avvisaglie di disordini si cominciarono a notare quando un gruppo di soldati ammutinati iniziò a scorrazzare attraverso le vie cittadine, cercando di sobillare la popolazione indigena, prima quella dei quartieri indigeni di Kikula e Panda, poi quella di Likasi.
Ascoltavo la radio che dava notizie sempre più allarmanti sui disordini assai gravi e sulle violenze che compivano i soldati ammutinati nelle regioni del Basso Congo, soprattutto a Kikwit dove si segnalavano già diversi morti sia tra la popolazione europea che quella indigena. Inoltre si era saputo che alcune Missioni erano state attaccate, si erano verificati gravi episodi di violenza e di stupro nei confronti delle suore e alcuni Padri missionari erano stati massacrati.
A Elisabethville venne ucciso il console italiano Spoglia, al quale un soldato aveva sparato con il mitra a bruciapelo mentre era seduto nella sua macchina. Il console era uscito di casa per andare ad avvisare alcuni cittadini italiani, che abitavano in periferia, invitandoli a non avventurarsi in città e, qualora la situazione fosse precipitata, a radunarsi all’Hotel Katanga, abituale punto di ritrovo degli italiani.
A Likasi un gruppo di belgi decise di unirsi per costituire un corpo di volontari allo scopo di proteggere, nei limiti del possibile, tutti i residenti minacciati. Il comando di questi volontari era stato preso da un ex ufficiale. Riuscirono, con un rapido ed ardito colpo di mano, ad assaltare e occupare il deposito di armi e munizioni del Campo Militare. L’operazione, molto pericolosa, riuscì perfettamente: il grosso del contingente militare africano era senza armi, tuttavia il colpo di mano mise tutta la popolazione alla mercé di alcune frange di militari africani ancora armati e molto determinati, potenzialmente in grado di attaccare la popolazione europea della città.
Si cominciò a organizzare la difesa fissando come punto di raduno il Liceo. Le aule scolastiche furono adattate per ospitare donne e bambini. Abitavo in periferia e la nostra casa era l’ultima sulla strada verso Elisabethville, esattamente a due chilometri dal centro urbano.
Visto il peggiorare della situazione avevo preparato tutte le mie armi: una pistola Beretta calibro 22 con molte munizioni, una carabina Hornet 22 lungo speciale dotata di cannocchiale per tiri a lunga distanza, una piccola carabina F.N. automatica a nove colpi, molto leggera e facile da maneggiare che era il fucile di Luciana, ed infine il mio fucile calibro 12 con cui andavo abitualmente a caccia, un Browning automatico con cinque colpi a disposizione.
Per tutte le armi avevo una buona scorta di cartucce di diverso tipo.
Diversi altri europei erano armati, come lo ero io, con i loro fucili da caccia.
Un ex “adjudant” (grado corrispondente a maresciallo) fu messo al comando dei volontari, con il compito di predisporre un sistema di difesa a cui tutti dovevano partecipare. Come assistente fu nominato Prospere Tondeler, ex-sergente della “Force Pubblique”. Aveva la fama di essere un emerito sbronzone, per cui le sue capacità direttive e organizzative erano messe seriamente in dubbio. Cominciarono la distribuzione di armi da guerra prese all’armeria del Campo Militare. Mi fu proposta una pesante carabina Mauser, arma che rifiutai giustificandomi con il fatto che, se veramente dovevo usare un’arma da fuoco, preferivo le mie a cui ero abituato e di cui conoscevo le capacità.
I cantieri erano virtualmente chiusi, tuttavia feci un rapido giro. Notai una certa animosità tra i pochi operai che si erano presentati, quindi preferii rientrare a casa. Dopo una cena frugale, servitami dal domestico Jameson, originario della Rhodesia il quale alloggiava in una casa situata dietro alla nostra, me ne andai a dormire.
Il viaggio
Mestieri
imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola agrariaPaesi di emigrazione
CongoData di partenza
1917Data di ritorno
1974Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Gli altri racconti di Italo Cipolat
Il cibo degli indigeni
Crescevamo come due piccoli selvaggi, lasciati completamente per conto nostro. Il gruppo di cui facevamo parte era...
Africander
Avevo 21 anni e a distanza di tanti anni tornavo negli stessi luoghi della mia prima...
Maiali e cadaveri
Tra le altre attività secondarie della fattoria v’era un allevamento di maiali. La prima volta che...