Mestieri
segretariaLivello di scolarizzazione
frequenza universitariaPaesi di emigrazione
FranciaData di partenza
1922Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)La crisi del ’29 ha pesanti riflessi sulla vita della famiglia di Clara. Gli affari del padre crollano e un lieto evento, come la nascita di una sorella, ha un epilogo drammatico.
Mio padre lavorava in società con un socio nel Centro commerciale di Parigi, si occupavano di import-export. Le cose andavano bene, si viveva con agiatezza, ma, non ricordo in quale anno, ci fu il crollo della sterlina che provocò anche il crollo della nostra famiglia perché mio padre trattava i suoi affari in sterline. Un giorno tornò a casa dicendo: ” Siamo rovinati, non ho più niente! Quel po’ che riuscirò a racimolare servirà per pagare i creditori, non voglio dichiarare fallimento”. Iniziò un periodo terribile che provocò una forte scossa in mia madre che, nel frattempo dopo tanti anni, aveva avuto una bambina, Carmencita. Era la nostra gioia, così graziosa, così carina. Il parto non era stato facile e mia mamma ebbe una infezione puerperale: allora non c’erano cure adeguate e stette un mese in ospedale con la febbre a 40°.
I medici la davano per spacciata, ma doveva essere di ferro per sopportare per tanto tempo la febbre alta; sopravvisse, ma era in uno stato di grande debolezza. Ritornata a casa aveva bisogno di cure e di assistenza; io mi prodigavo il più possibile anche se avevo 12-13 anni e non potetti andare a scuola per qualche tempo. Per fortuna dopo un po’ di tempo mia madre guarì, ma rimase debole. Avrebbe avuto bisogno di qualcuno che la assistesse, zia Gori faceva il possibile, ma aveva la sua casa da seguire. Eravamo soli, non c’era l’abitudine di avere donne che aiutassero in casa. Abitavamo in una casa vecchia di Montmartre al secondo piano senza ascensore, con scale molto ripide di legno lucidato, scivolose. Mia mamma aveva paura di scendere quelle scale con la bambina in braccio, aveva paura di tutto. Era stressata, il pomeriggio la vedevo buttarsi sul letto stanca; ma era confortata dalla gioia di questa bambina che era un amore. Tutto andò bene finché durò l’estate; arrivò l’inverno. Gli inverni a Parigi sono molto rigidi, ricordo che si arrivava anche a meno 10 gradi. Uscivamo il pomeriggio: mio fratello ed io portavamo la carrozzina e mia madre scendeva con la piccola. Il primo inverno della sua vita Carmencita prese un raffreddore, il raffreddore degenerò e venne la polmonite. Un giorno venne zia Gori a trovarci e si accorse che la bambina respirava malissimo. Disse: ” E’ meglio farla ricoverare”. Aveva solo 11-12 mesi, morì in ospedale. Questo fu il colpo di grazia per mia madre. Da quel giorno non si rimise più.
Dopo la morte di Carmencita, mia madre sentiva qualcosa che la staccava dalla famiglia. Dopo aver fatto il minimo indispensabile, mia madre il pomeriggio si metteva a letto e non voleva più alzarsi. Le venne una grave forma di depressione: apriva l’armadio, prendeva tutta le cose di Carmencita, scarpette, camicine, vestitini, li abbracciava e piangeva, piangeva. Allora noi di nascosto prendemmo tutte le cose della bambina, ne facemmo un pacco e le portammo via. Fu peggio, perché quando aprì l’armadio e non trovò più nulla la sua disperazione e la sua depressione si aggravarono. Non ebbe le cure necessarie: mio padre era afflitto dalla crisi economica, noi eravamo ragazzi, dovevamo andare a scuola. Mia madre, già indebolita dalle febbri puerperali, angosciata dalla morte della bambina, non si rimise più. Zia Gori ci aiutava come poteva, ma ero io che dovevo badare alla casa, così non andai più a scuola e mi iscrissi ad una scuola serale. Allora non erano così diffuse le scuole serali; la mia era molto lontana da casa all’estremo capo della città. Spesso, al ritorno dalla scuola, mi addormentavo nel metrò per la stanchezza del mio lavoro a casa e per la fatica di seguire la scuola di sera. Più di una volta il conduttore mi veniva a svegliare: “Mademoiselle, nous sommes arrivé, mademoiselle!”.
Per assistere mia mamma ci volevano tutte le mie forze perché lei non voleva alzarsi; anche per lavarsi dovevo prenderla con la forza. Mio padre era angosciato da questa situazione. Io cercavo di fargli trovare un ambiente accogliente quando tornava a casa. Io e zia Gori tirammo avanti così per un po’, ma mia madre non migliorava. Mio padre era preoccupato per me. Il neurologo disse che mia madre era inguaribile e si rivolse a mio padre dicendogli: ” O salva la madre, o salva la figlia, perché questa malattia psichica può danneggiare una adolescente. Sua fi-glia non può stare vicino ad una persona così ammalata”. Dovemmo prendere una decisione molto dolorosa: mia mamma aveva una sorella vedova, zia Rosa, che viveva a Napoli con il figlio in una casa abbastanza grande. Mio padre le disse che, se avesse ospitato mia mamma, le avrebbe mandato un aiuto economico ogni mese. Zia Rosa accettò e mio padre incaricò me di accompagnare mia madre a Napoli. Il viaggio fu disastroso, anzi tragico: non so cosa scattò nella sua mente, mia mamma voleva scendere continuamente dal treno, voleva buttarsi giù, non in modo violento. Sentiva qualcosa che la staccava dalla famiglia, da tutto ciò che aveva amato. Le dicevo: ” Andiamo da zia Rosa per qualche tempo, non per sempre, poi ti verrò a prendere, mamma”. Ma lei si dimenava, voleva scendere, anche i compagni di viaggio si accorsero della sua inquietudine.
Il viaggio
Mestieri
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FranciaData di partenza
1922Periodo storico
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