Mestieri
giornalistaLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
MozambicoData di partenza
1984Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)La delegazione del consiglio comunale di Reggio Emilia, in viaggio in Mozambico nel 1984 per uno scambio culturale, incontra il leader del movimento di liberazione dal Portogallo, nonché primo presidente della storia del Mozambico indipendente, Samora.
Oggi ci tocca un’altra lunga manifestazione davanti al palazzo municipale in una grandissima piazza ad anfiteatro addobbata con passatoie rosse. Il sole picchia forte, ma la brezza dell’Oceano s’infila dritta per la prospettiva e ci rinfresca. Tra noi e lo spettacolo c’è una fila di dirigenti politici dalla nuca grassa e lanosa. Chi ha perso i capelli mostra un cuoio che sotto il sole s’imperla di goccioline. Boscimani e bantù sono vestiti di blu e di verde scuro, colori che non valorizzano il loro tipo di abbronzatura. Hanno tutti larghi nasi camusi, le narici sono quasi fessure del viso. Forse queste non sono le razze più belle dell’Africa nera, però accanto a loro i bianchi non ci fanno una gran figura, così casual, pallidi, con la pelle piena di impurità. Mosche metalliche blu si posano sulle spalle dritte del sindaco di Maputo. Dietro di noi un gruppo di nordcoreani, con visi leggermente appassiti e occhi inespressivi, sembrano vecchi molto ben conservati. I loro occhielli sono vivacizzati da un distintivo di Kim Il Sung. Mentre gli invitati riempiono la piazza e la scenografia si completa lentamente un settore dopo l’altro, ai gruppi periferici scappa da ballare. Donne in costume segnano il ritmo e lo spazio sul suolo con bastoncelli lunghi e sottili. Bimbi in tenuta da piccoli selvaggi indossano gonnellini di pelle di leopardo o di paglia. Suonano tam tam e tronchi d’albero.
Il Presidente Samora Machel e il Vicepresidente Marcelino dos Santos si decorano a vicenda con gesti fraterni e lenti, mettendosi reciprocamente a posto le fasce rosse pieghettate al collo e quelle oblique sul petto. Tra i decorati la gran parte sono morti, e i parenti che ricevono le decorazioni partigiane sono strana gente, che si rivolge umile e compunta al Presidente, certo dietro suggerimenti e prove degli addetti al protocollo. Un padre indossa un maglione di lana beige alla dolce vita. La figlia di Samora ha i capelli raccolti con treccioline dritte come raggi. La figlia di Mondlane, il defunto Presidente, sorride con una larga bocca su un lungo mento. Vengono decorate enormi colonnelle verdi, una delle quali già decorata sulle due guance da un fine tatuaggio e dalla scarificazione tribale. Questa sistemazione degli Eroi, delle salme, delle pendenze storiche del regime avviene complessivamente in modo meccanico, con qualche freddezza. Nel profondo e vasto silenzio si odono cantare i galli sparsi in città. Samora cerca di vivacizzare la situazione apostrofando il pubblico: ‘Non siamo in un cimitero!’ Comincia un dialogo tra Samora e un coro ben guidato che risponde con slogans del tipo ‘Samora, amigo, el povo està con tigo’. Alla fine di un lungo discorso, in cui anche la nostra delegazione è tirata in ballo per dire che tutti i continenti sono qui presenti a celebrare la Rivoluzione, è lo stesso Presidente a intonare ‘Kanimambo Frelimo’ mettendo in atto una strategia per ‘dinamizzare’, come dicono qui. Il Presidente saluta i decorati con perfetto andamento a zig zag: mano al berretto per il saluto militare e poi mano tesa, venti volte. Segue un groviglio di reciproci abbracci incrociati tra decorati, che coinvolgono maldestramente anche le sedie che li separavano. Marcelino dos Santos viene a salutare noi. Mi bacia a due centimetri dalla bocca da entrambi i lati, umidamente. Sull’altro lato della piazza è schierato un plotone verde scuro e dal nostro posto vediamo solo il puro gesto bianco del presentat-arm eseguito dai guanti, e così l’attenti e il riposo. Una schiera di fotografi fronteggia il plotone, con gesti altrettanto meccanici e ordinati. La cerimonia è finita, dalle giacche aperte esalano sotto il sole forti sentori di diversa nazionalità. Mi allontano per fare qualche foto: è emozionante che una donna a seno nudo, che allatta in piedi sopra una scala di marmo, mostri un evidente piacere di entrare in una mia foto.
All’Ambasciata d’Italia ci riceve il dottor Casardi, prodigo di spiegazioni e notizie. Dice che ultimamente sono arrivati pochi italiani, per timore che il Renamo abbia in mente qualche azione per disturbare le celebrazioni del Ventennale. Circa duemila guerriglieri sono stati recentemente rimandati in Mozambico dai campi di addestramento sudafricani. Sono armati, sbandati e privi di rifornimenti. Si sono dati perciò al saccheggio individuale e alla delinquenza. Usano il fucile per procurarsi da mangiare. Il Governo considera il fenomeno come una specie di calamità naturale, di cui il regime non ha colpa. Casardi pensa che il banditismo si sia organizzato con una parvenza di opposizione politica intorno a nuclei organizzati e sovvenzionati da privati, come al tempo dei portoghesi. Se è così si potrà risolvere in modo politico e diplomatico, almeno là dove non è degenerato, dice. In questo momento il pericolo è reale. Due operai italiani sono appena stati catturati; un francescano è stato ucciso a colpi di baionetta appena un mese fa. Le vie di comunicazione sono state tagliate. Fuori città la gente si è autoimposta un coprifuoco dalle 17 alle 9 del mattino. I due cantieri italiani di Corumana e di Pequeno Limbombo lavorano sotto protezione militare. ‘Gli operai italiani non scappano’ dice, e sostiene patriotticamente che la famosa vigliaccheria italiana non esiste, qui ad andarsene sono gli svedesi al primo colpo di cui sentono notizia. Bisogna capire quali siano le intenzioni di questo Renamo e soprattutto chi lo sostenga: può essere chiunque, dal Sudafrica alla Cina a Brandt, dice. Questa formazione vuole sicuramente limitare l’influenza dei Paesi comunisti dell’est sul paese appena decolonizzato. Il Frelimo invece è aperto agli aiuti sovietici, anche se ultimamente sta assumendo una posizione più centralista e moderata. Il piano decennale del Governo è fallito, ad eccezione dei progetti sulla scolarizzazione e sulla prevenzione in campo sanitario. Recentemente ha aderito al Fondo Monetario Internazionale, sperando di ottenere prestiti. L’Italia, attraverso il Dipartimento Speciale del Ministero degli Esteri, nel 1984 ha investito in progetti per il Mozambico undici milioni di dollari. Sta rifacendo tutta la rete delle telecomunicazioni e realizza progetti di politica idraulica per l’irrigazione agricola, la pesca artigianale, la costruzione dell’acquedotto di Pemba. Va anche avanti un programma di accertamenti geologici. Pare siano stati scoperti filoni di marmo pregiato, che potrebbe riattivare l’esportazione. La Chiesa ha qui solamente un Delegato Apostolico, non un Nunzio. L’Associazione Crocevia sta svolgendo un programma di insegnamento professionale e tecnico. Il mais, il riso e i liofilizzati inviati dagli Stati Uniti e dall’Italia (per un milione di dollari) permettono al Governo di garantire la sopravvivenza alla popolazione.
Se vogliamo aiutare il Paese, conclude Casardi dopo averci dato tutti questi ragguagli, noi di Reggio dovremmo offrire cooperazione culturale e appoggio allo sfruttamento delle energie alternative, per esempio il vento. Sono importanti le piccole cose, non i grandi progetti. I mozambicani non accettano aiuti di emergenza, soprattutto di medici, dice anche. Non vogliono creare aspettative che non possono essere soddisfatte in modo continuativo. A proposito del nostro prossimo volo a Pemba ci tranquillizza: ‘Siete nelle mani di Chipande! E’ capo della provincia di Cabo Delgado, Ministro della Difesa, membro del bureau politico, eroe della lotta armata. Ha sparato il primo colpo della Rivoluzione. Ieri è stato promosso generale…’
Andiamo poi a visitare il porto, ma c’è poco da vedere. Qui arrivano solo containers con aiuti alimentari. Tutto è fermo, immobile. L’ora di pranzo è sempre molto interessante, sia perché abbiamo fame, sia perché il cibo è sempre una sorpresa. Solitamente si basa su una gran disponibilità di ananas, che ci va benissimo. A volte però i colleghi manifestano esigenze impreviste. Per esempio il nostro sindaco compie 56 anni, qui, oggi. Gli viene da chiedere champagne, cosa sbagliata, perché lo champagne è un genere difficile, qui più che altrove. Il cameriere risponde che non ce n’è, e se c’è è troppo caldo. Invece poi ne porta una bottiglia dicendo ‘ve lo faccio raffreddare’ e infatti un suo aiutante si mette volonterosamente a rigirarla nel secchiello del ghiaccio. Il giardino dell’albergo ogni giorno rivela una sorpresa, oggi scopriamo dei piccoli iguana colorati come pappagalli, che sanno scegliere accuratamente dei posti del loro stesso colore per scaldarsi al sole indisturbati. O cambiano davvero colore come si vocifera?
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