Mestieri
rappresentante di commercioLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1939Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)La parentesi di vita in Italia per Emilio e Maria dura poco: dopo l’8 settembre 1943, con l’occupazione tedesca e con un figlio in arrivo, capiscono di dover al più presto fuggire, per la seconda volta in pochi anni, verso la Svizzera.
Ma esperienze ben più amare ci riservava la sorte.
Ingannati dall’apparente tranquillità, della situazione degli ebrei in Italia, sebbene la guerra fosse stata dichiarata sin dal giugno 1940, ritenendo, veramente da irresponsabili, che fosse finalmente giunto il momento di permetterci un figlio dopo oltre cinque anni di matrimonio, nella primavera del 1943 Maria rimase incinta con grande reciproca gioia: Maria aveva notato che i contatti con i bambini erano sempre per me motivo di intensa gioia. La caduta del fascismo il 25 luglio ci diede speranze di tempi più sereni e tranquilli: non capimmo il grande pericolo di avere i tedeschi definitivamente in casa. Di questo si rendemmo conto solo dopo l’8 settembre, quando l’armistizio con gli alleati venne firmato a Cassibile in Sicilia, sollecitando la logica, ma feroce reazione dell’armata germanica, che si era ormai insediata in tutto il paese. Non ebbi in quel momento alcuna esitazione: dovevamo di nuovo fuggire ed oltrepassare il confine con la Svizzera, unica possibilità per noi di salvezza. Maria era ormai al quinto mese di gravidanza, ma per fortuna non si rese conto esattamente della gravità della situazione. Paola e Roberto con altri carissimi amici, Emilia e Luciano, ci fecero abbandonare il nostro alloggio e ci nascosero nelle loro abitazioni con grande pericolo della loro incolumità, spargendo la notizia ai vicini di casa (che potevano rivelarsi pericolose, anche se involontarie spie) che ci eravamo allontanati senza dar più notizie di noi. In quei giorni in realtà tentammo due volte di espatriare, ma senza successo. Una prima volta, fidandoci di una promessa fatta a mio fratello dal commissario della frontiera stradale di Ponte Chiasso, ci siamo, presentati al confine con un’altra famiglia di Como, ma fummo respinti. Una seconda volta tentammo di prendere il treno per Chiasso, ma alla stazione un commissario in termini molto umani, ma decisi, ci invitò a scegliere un’altra strada, informandoci, che il nostro nome era già, stato segnalato dalla questura. Buon per noi: ché entrambi questi commissari avrebbero potuto arrestarci e consegnarci ai tedeschi con destinazione Buchenwald o Auschwitz. Il titolare della ditta nella quale lavoravo, venuto a conoscenza delle nostre peripezie, sebbene fascista della prima ora, ci aiutò concretamente mettendo a nostra disposizione una sua villa a Lanzo d’Intelvi a due passi dal confine. Il vice parroco della parrocchia, nella cui circoscrizione abitavamo, ci mise in contatto con don Renato Bottinelli. A sua volta questi ci presentò ai contrabbandieri, che ci avrebbero accompagnati sino al confine in cambio delle sole mille lire, che allora avevamo in tasca.
Il viaggio
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