Mestieri
ristoratriceLivello di scolarizzazione
licenza scuola media superiorePaesi di emigrazione
EritreaData di partenza
1939Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Nel 1939 Alda Brunelli ha 12 anni, una bambina cresciuta nella provincia di Forlì che si ritrova catapultata in Etiopia, in una località a metà strada tra Massaua e Asmara, dove i genitori stanno per avviare un’attività di ristorazione prossima alla più grande arteria stradale del Paese.
Quando mio padre ottenne l’autorizzazione a costruire un ristorante sulla camionale che univa Massaua all’Asmara, gli fu data in concessione una collina che costeggiava un lato della strada. Era una località completamente deserta, a qualche chilometro da Ghinda, dove c’era la stazione della ferrovia, uno spaccio di generi vari, la sede del Vice Residente, telegrafo e telefono. Il primo lavoro fu affidato alle ruspe, che provvidero a spianare una vasta area, di lato alla camionale, sulla quale dovevano trovar posto il ristorante ed un parcheggio capace di ospitare varie decine di auto ed autotreni. Giunsero muratori e carpentieri, sia indigeni che italiani, e per qualche mese il cantiere risuonò di canti che accompagnavano il lavoro dei nativi, sovrastati però dalle esortazioni dei bianchi, quasi sempre in dialetto romagnolo, che li spronavano a lavorare più celermente. Mio padre e mia madre furono sul posto fin dall’inizio dei lavori e fintanto che non fu terminata un’abitazione che li potesse ospitare, la loro casa fu il cassone di un camion, riparato da un telone, dove erano state sistemate due brande, divise da una cassa che fungeva da tavolino e con un lume a petrolio come unica illuminazione. Appeso sopra una branda, il fucile da caccia di mio babbo, che anche la mamma aveva imparato ad usare per far fronte ad ogni evenienza. Per i pasti, una rustica cucina in mattoni, che funzionava a legna, provvedeva a cucinare il necessario per nutrire una ventina di persone. Il problema igienico era risolto con due latrine, un po’ fuori mano, una per i bianchi e una per gli indigeni, e mia mamma, come unica donna del gruppo, aveva ottenuto una doccia personale, fatta con un fusto di metallo issato su quattro pili, che veniva riempito da una autobotte, e collegato con un tubo forato che lasciava piovere acqua solo tirando una funicella.
Il viaggio
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