Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
BoliviaData di partenza
1986Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Il viaggio di Vittorina fa tappa a Potosi, centro minerario nel cuore della Bolivia caduto in disgrazia, negli anni Ottanta, a causa della chiusura delle miniere. L’impressione che ne ricava Vittorina è di un luogo decadente e spettrale, con donne che cercano invano di resistere e uomini che si abbandonano allo sconforto e all’alcolismo.
POTOSI, 29/7/1986 Questa mattina mi sono svegliata tardi, sono uscita dopo le 9, ho girovagato cercando il sole, ho visitato la cattedrale e il mercato, ho atteso invano il bus per il Cerro, poi ho rinunciato perché ho saputo che c’era sciopero ed anche perché avevo troppo freddo e temevo di non farcela ad arrivare lassù: pazienza, sarà per non, so quando! Potosi ha il colore e il senso della povertà e della morte: la sua famosa miniera si chiude, la gente se ne va, le donne resistono di più, gli uomini sono demoralizzati e bevono! Per sfuggire a tanto squallore, mi sono rifugiata nella Casa de Moneda, mi sono seduta nel cortile a prendere il sole come una lucertola e a ciarlare con le guide. Sono rientrata in albergo, ho bevuto un mate di coca, ho chiamato Ruth per avvertirla del mio ritorno, mi sono imbaccuccata con tutto quello che avevo e con la mia borsa, praticamente vuota, mi sono avviata alla Casa de Moneda (ormai casa mia!). La custode mi ha affidata a sua figlia Marta, che mi ha portato a casa sua a prendere un caffè accompagnato, per mia somma disgrazia, da un panino con un uovo fritto: mi sono inuovata da tutte le parti! Questa casa è povera e fredda, ma piena di decorazioni e di scritte morali appese ai muri, mi è dispiaciuto non poterle fotografare. Alle 16 con Charo sono andata al Terminal a posare la borsa, poi a casa sua a prendere un altro caffè, per fortuna questa volta con formaggio! Charo e Pablo mi hanno poi accompagnata al Terminal e, nonostante il freddo ed il solito ritardo, hanno aspettato che salissi sul bus e che fossi ben sistemata. Ero tanto commossa dalla loro tenerezza, che non sono quasi riuscita a salutarli! Seduta vicino a me c’era una robusta potosina, signora Vittoria, che mi ha subito riscaldata con la sua simpatia e la sua coperta cha senza esitazione mi ha piazzato sulle gambe.
Così non ho patito affatto il freddo e devo confessare che non credevo io stessa di sopportare con discreta facilità tale viaggio notturno su un bus strapieno, scomodo, freddo, che ha percorso strade quasi impossibili (per noi certo inimmaginabili!), in cui si incontra di tutto: fiumi da guadare, pietroni caduti, buche da capogiro, ecc. Alle 20 ci siamo fermati per la cena, io ho preso un caffè e sono uscita a guardare le stelle, che sembrano tantissime e vicinissime. Ma è meglio che lasci la parte poetica: siamo partiti in ritardo, perchè hanno fatto salire passeggeri senza posto a sedere; mi è sembrato davvero indecente, tanto più che fra loro c’erano due donne con bambini molto piccoli. Tuttavia devo dire che le donne fanno meno storie e si adattano subito alla situazione in modo così naturale che sembra incredibile: non hanno lasciato piangere un attimo i bimbi, allattandoli e cambiandoli senza alcun problema. Quando siamo scesi per la cena, parecchi sono rimasti senza, mentre queste donne con fare deciso si sono fatte servire ed hanno provveduto a tutte le necessità dei figli. Parecchie donne viaggiano senza mariti; la signora Vittoria veniva a La Paz per trovare e controllare suo figlio, naturalmente senza avvertirlo!
Il viaggio
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BoliviaData di partenza
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