Mestieri
impiegataLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
PerùData di partenza
1947Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Temi
paesaggioTemi
paesaggioTra le esperienze più difficili del periodo di vita trascorso da Rosita e dalla famiglia in Perù c’è il terremoto del 1947, che segna profondamente l’immaginario della piccola emigrata italiana.
Si arrivò al primo novembre del millenovecentoquarantasette una bella domenica di sole. Papà aveva finito di rasarsi e si pensava di andare a messa. “Arriveremo in ritardo” dicesti tu. La messa, infatti, era già in corso quando la terra cominciò a tremare. Stavo riportando pennello e sapone da barba in bagno, perché papà aveva preferito rasarsi in cucina, più luminosa, quando la parete del corridoio mi venne incontro e il terreno mi ballò sotto i piedi.
Sapone e pennello mi sfuggirono di mano e mi sentii afferrare per la collottola da papà che, con prontezza di spirito, aveva capito cosa stava accadendo. “Fuori! E’ il terremoto!” Scendere i sei o sette gradini per andare in cortile ci prese più tempo del previsto perché non si riusciva a mantenere l’equilibrio. I tetti di lamiera di molti edifici della città ballavano con clangore di campane stonate, accompagnando il rumore sordo della terra che si scrollava di dosso tutti gli oggetti e gli esseri viventi. Incespicai, caddi sul marciapiede e un pezzo di calcinaccio si schiantò accanto a me. Papà mi riacciuffò e corremmo in cortile, finalmente. La casa continuava a ondeggiare così forte che pareva dovesse spezzarsi da un momento all’altro. “La và adès” diceva papà ad ogni ondeggiamento. Eravamo abbracciati strettamente e faticavamo a reggerci in piedi. “Oh la mia macchina da cucire nuova” si lamentò poi. Noi in salvo, era lei l’unico bene di valore che avessimo. Poi la terra si fermò e giunse il vento, a sollevare ancora di più la polvere che già s’era alzata. I cani cominciarono a ululare. Io mi rifiutai di rientrare in casa per tutto il giorno e dovetti rimanere sui gradini del terrazzino perché un grosso gallo bianco, di proprietà delle signorine del primo piano, mi assaliva appena mi vedeva. Una giornata d’inferno nella quale capii che mio padre nulla poteva contro le forze della natura.
La terra continuò a tremare di tanto in tanto per settimane, e per settimane foste costretti a portarmi a spasso fino a tardi, per rimanere in mezzo alla gente il più a lungo possibile. Mi rifiutavo di andare a letto, di svestirmi, di addormentarmi. Per più di un anno dormii con la luce accesa sul comodino. Il terrore. Tu mi permettevi di mangiare seduta sui gradini, senza cercare di forzarmi. Finalmente, quando la terra mise giudizio, mi tranquillizzai e tornai fra gli esseri civili. Molto tempo dopo. La cupola della cattedrale subì seri danni e la folla impaurita calpestò una bimba nell’ansia di fuggire all’aperto. Crollò di schianto l’edificio del collegio protestante a un isolato da casa. La casa, miracolosamente, non subì danni di rilievo: il terrazzino ebbe qualche piastrella smossa, si scrostò leggermente l’intonaco esterno in alcuni punti. L’epicentro era a oltre cento chilometri di distanza, verso la selva. La città di Satipo, che si trovava nel punto più vicino all’epicentro stesso fu seriamente danneggiata dalla scossa e, poi, inondata dal fiume che la attraversava quando questi riuscì a rompere gli argini artificiali creati dal terremoto. La strada che portava alla città era stata cancellata totalmente in molti punti e i soccorsi si resero quasi impossibili. Dopo mesi ancora si vedeva arrivare a Huancayo gente che aveva vagato senza più riuscire a orizzontarsi, tanto era mutato il panorama precedente.
Il viaggio
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PerùData di partenza
1947Periodo storico
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