Mestieri
giornalistaLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
Repubblica CecaData di partenza
1953Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Nel 1956 a Mosca si tiene il XX congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica. È un congresso storico, durante il quale per la prima volta verranno denunciate le derive dello stalinismo. Le ripercussioni di quello che accade si sentono fino ai confini dell’Impero sovietico, fino alla Praga in cui Paola e il marito vivono e lavorano da tre anni, per conto di una radio clandestina che fa capo al PCI.
Nella villa stavamo bene. Una volta al mese veniva organizzata la brigata, vale a dire tutti insieme dovevamo fare le grandi pulizie, lavare e lucidare. Alcuni facevano la brigata anche all’esterno, aiutavano i contadini nelle campagne. Non era obbligatorio. Io e mio marito dicemmo che preferivamo fare altre cose. Infatti ci piaceva girare per la città ed entrammo in tutti i musei. Non ci era mai successo di andare così spesso a teatro e ne approfittavamo ogni volta che non eravamo di turno. Il biglietto non costava molto e noi di soldi ne avevamo. Andai anche a un concerto nel luccicante e lussuoso Nàrodny Dìvaldo, il teatro nazionale che avevo sempre visto dall’altra sponda riflettersi nelle acque della Vltva. Imparai la storia di Jan Hus e la sua lotta contro il potere del papa, del condottiero per la religione Jijka, l’uomo con la benda sull’occhio. Mi piacque l’idea di Jan Hus che aveva costruito la chiesa di Betlemme attorno a un pozzo. La chiesa aveva (ha) quattro porte d’ingresso per consentire alla gente di rifornirsi d’acqua. Era un espediente per predicare con chi entrava per necessità. Hus il riformatore venne sostenuto dal popolo e dal re Venceslao. Imparai la storia di Carlo IV che istituì la prima università dell’Europa orientale, e fece costruire le cose più belle della città. Mi piacevano queste storie. Andammo a visitare Hradciany, il castello, con la cattedrale, san Vito, le cappelle, la strada dove nelle casette gli alchimisti erano stati rinchiusi per fabbricare l’oro, zkaa ulice. Imparai la storia del buon soldato Scveik di Hascek, ma lessi il libro soltanto al ritorno in Italia.
Arrivò Natale. Per le strade i contadini misero grandi mastelli di legno pieni d’acqua con dentro enormi carpe che si dimenavano cercando di sopravvivere. I cechi si preparavano alla cena della vigilia. Credo non ci sia un pesce più grasso e indigesto della carpa. Ma la gente sembrava apprezzarla molto. Non ricordo chiese aperte per la celebrazione. Ma forse non ci facevo caso, non come avrei fatto oggi.
Cominciarono ad arrivare notizie smozzicate, non molto comprensibili dalle agenzie estere. A Mosca si stava svolgendo il congresso del Partito comunista sovietico e sembrava ci fossero molte novità. Già ci avevano informato che sarebbe stato un congresso particolare, ma non sapevamo per quale motivo. Man mano che la telescrivente sputava notizie, andavamo al piano di sopra a strappare i fogli. Successe così che Sergio ritornò in redazione sventolando un pezzo di carta. Erano flash dell’ANSA e della Reuter. Sembrava agitato e al tempo stesso preoccupato. Le agenzie riportavano frasi dette da Hrùssciov: “questo è il più importante congresso che ripristina la legalità leninista”. Ma erano parole smozzicate. Poi arrivarono altri flashs con stralci degli interventi di Mikojan, Jùjkov e altri delegati. Silenzio da parte della CTK. L’agenzia ceca ignorava le dure critiche rivolte al congresso. La TASS riferiva del congresso, come un fatto normale. Cominciammo a riflettere e cercare di capire cosa stava succedendo. Le fisse da Berlino e Budapest non ci fornirono altre informazioni. I francesi non ne sapevano di più. Uno dei nostri disse che sembrava essere ritornati al tempo degli antichi romani che cambiavano le teste alle statue. Avevamo la sensazione che qualcosa di serio ed estremamente importante stava succedendo a Mosca. Chiedemmo ai responsabili politici di essere informati subito. Volevamo sapere da Roma cosa ne sapevano. Eravamo in cinque ad avere questa posizione. I responsabili convocarono una riunione apposta contro di noi. Venimmo accusati di disfattismo che all’epoca era l’anticamera dell’espulsione. Ci accusarono anche di provocare allarme, di seminare false notizie allo scopo di distruggere la compattezza della comunità della radio e sospettarono che volessimo agire contro l’URSS. Aggiunsero che non avremmo dovuto dare nessuna interpretazione finché non ci fossero giunte le copie de L’Unità e finché qualcuno da Botteghe Oscure non fosse venuto a spiegarci l’importanza del XX° congresso. In pratica venimmo sospesi dal Partito. Vale a dire che potevamo continuare la nostra vita di sempre, potevamo lavorare, ma eravamo come sospettati, pronti ad essere buttati fuori. Ci rendevamo conto che era un problema: buttarci fuori da dove per mandarci dove? Eravamo in clandestinità. La cosa non ci tranquillizzava molto anche se vedevamo le difficoltà di un’azione contro di noi. Eravamo di fronte a degli incapaci. Ma la nostra fiducia nel Partito era incrollabile. Sarebbero venuti da Botteghe Oscure a dire che noi avevamo ragione. Da Roma ci mandarono insieme con le copie de l’Unità anche un sunto del rapporto Hrùssciov al XX° Congresso e che la rivista L’Espresso aveva già pubblicato integralmente. Nessuno di noi infierì sui responsabili di Praga. Ci accontentammo di ribadire che avevamo una testa e volevamo farla funzionare. Come si dice, non avevamo portato il cervello all’ammasso. Tutto si quietò quando venne Pietro Ingrao. Poi venne anche Paolo Robotti. Difese a spada tratta l’URSS e il Partito bolscevico e sorvolò sul dramma che il XX° congresso di Mosca aveva scatenato nel mondo, nelle nostre menti e nei nostri cuori. All’epoca non sapevo che Robotti portasse il busto per le sofferenze subite a Mosca. Intanto i dirigenti politici della comunità italiana, forse fiutando qualcosa da Roma, avevano già fatto un passo indietro. Non ritirarono però l’accusa contro di noi d’aver seminato allarmismo in assenza di notizie certe. Insomma, eravamo caduti in disgrazia, ma ci stavano riabilitando. Non so dire se questo fu il motivo del nostro spostamento in Romania.
Il viaggio
Mestieri
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