Mestieri
impiegataLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
PerùData di partenza
1947Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)La destinazione finale di Rosita e della sua famiglia è la città andina di Ticlio, in Perù. Per raggiungerla bisogna affrontare un viaggio avventuroso in ferrovia.
Non so come fossero alloggiati i lavoratori di Cerro de Pasco, ma i minatori de La Oroya vivevano in abitazioni squallide, allineate come autorimesse ma molto meno accoglienti. Eppure la possibilità di avere un lavoro fisso li faceva accorrere ugualmente ed accettare di buon grado condizioni di igiene, di inquinamento e di lavoro da medioevo. Un medioevo lavorativo che, d’altronde, persiste in molte regioni della terra. Non c’era da stupirsi che, alla fame totale, si preferisse un’amara pagnotta. Tutte queste novità ci sfilarono davanti quel giorno in cui pensammo che poco più di duecento chilometri fossero un’inezia. Il treno incominciò a salire, dapprima fra vallate e gole soleggiate, poi fra crepacci, massi, dirupi, segni di sconvolgimenti tellurici, di frane, di alluvioni. La carrozzabile a volte si affiancava, altre si allontanava, si perdeva e poi riappariva all’improvviso. Nel punto detto “infiernillo” correva trasversalmente sul fondo di una spaccatura nella montagna, mentre la ferrovia usciva per un breve lampo da una galleria per tuffarsi un un’altra e scomparire in seno alla roccia. Guardammo anche noi, come tutti, senza sapere cosa avremmo visto. “La carretera, allà abajo” disse qualcuno. Non ci occorse nemmeno il dizionario.
Le ore passavano e il treno continuava a salire. La locomotiva sbuffava e, in certi punti , avanzava a passo d’uomo. A un certo punto si mise a retrocedere. Ci guardammo: eppure si continuava a salire. Dopo qualche momento si vide il perché senza difficoltà. La ferrovia avanzava a zig zag, costringendo la motrice a tirare e spingere alternativamente. In questo modo il dislivello veniva superato più rapidamente. “Fin dove continueremo a salire?” chiese papà a un certo punto. Tu, che eri stata più attenta alle spiegazioni ricevute, gli indicasti le cime innevate: “Fin lassù, Trottolino”. Laghetti verdi, blu cobalto, grigi, rossi. Residui di estrazioni mineraria, montagne di detriti, di residui di ogni tipo. Casapalca, altra città-miniera che, anni dopo, si sarebbe convertita in un inferno di morte. Una geografia violenta, aliena ai nostri occhi, ci mostrava un mondo mai immaginato. “Non mangiate finchè non avrete raggiunto il punto più alto. La digestione non è agevole”. Altro avvertimento difficile da seguire. Il pranzo veniva servito prima dell’arrivo a Ticlio. Come fare? Ci facemmo portare pane e frutta e li conservammo per il momento opportuno. Affascinati; vedevamo un pacioso signore in camice bianco passare avanti e indietro con un cuscinone che, a volte, avvicinava a qualche passeggero.
“El oxigeno, senor”. Senza ossigeno molti si sentivano male. Il trucco consisteva nel muoversi poco, respirare a fondo e rimanere. calmi. Qualche volta, comunque, qualcuno ci lasciava le penne. Ordinaria routine. Non ci fu necessario farne uso, né quella volta né mai. L’altitudine era indicata in metri e in piedi, e papà per poco non ci restò secco quando scambiò gli uni per gli altri. Nelle stazioni, bambini e adulti con il viso screpolato dall’aria secca e gelida, il ‘poncho’ ben avvolto attorno al corpo, il khuyo, berretto di lana, calato fin sugli occhi. Bambinetti dal faccino tondo color pane di segala e gli occhi scuri da furetto sorridevano dalla loro comoda posizione sulla schiena delle madri.
Il viaggio
Mestieri
impiegataLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
PerùData di partenza
1947Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Rosita Boschetto
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