Paesi di emigrazione
ZambiaData di partenza
1987Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)A distanza di alcuni mesi dal suo arrivo in Africa, impegnato in una missione di cooperazione allo sviluppo, Cereda traccia un bilancio della sua esperienza e illustra i propositi futuri agli amici italiani, ai quali rivolge una lettera appassionata.
LETTERA PER PASQUA Lusitu 27 marzo 1988
Cari amici, molto tempo (oppure poco) é passato da quando, carico d’entusiasmo, paura e minestre Knorr, sono sbarcato in Africa. Mi sentivo leggero: un libro bianco su cui scrivere un po’ di vita. In ascolto di tutto ciò che incontravo, vedevo, toccavo. Ora la stagione dell'”innamoramento” sta volgendo al termine, per lasciare lo spazio al dialogo, al rapporto, allo scambio con questo nuovo mondo. E’ tempo di scegliere, di prendere una posizione nei confronti della realtà in cui agisco e mi trovo. Con umiltà, nel rispetto di chi mi ospita sulla sua terra, ma tuttavia fermo nel proposito di essere me stesso, integralmente. E mi sembra che sia una cosa onesta: presentarsi agli altri come si é. Dentro e fuori. Europeo, bianco, italiano, giovane, maschio, con i propri limiti, con i propri ideali, paure, ansie, gioia e pianto. Certo si può sbagliare, essere fraintesi o interpretati alla luce di modelli culturali che non ci appartengono. Ma il rischio vale il gioco, forse. Allora si cerca un approccio che trascenda un poco l’aspetto tecnico e professionale; si cerca l’incontro informale, “fuori l’orario di lavoro”. Qui tutti siamo più spontanei.. meno soggetti al rapporti di gerarchia, che regolano il mondo della produzione. Non voglio illudermi di poter costruire relazioni di amicizia e di amore, nello stesso modo che scavare un pozzo o piantare girasole: peccherei di superbia. Ma tessere una lenta e faticosa rete di relazioni personali, questo sì, credo sia possibile. Il difficile é non perdere dentro di te una continuità, un’armonia che non deve sacrificare il tuo essere di ogni giorno, nascondendoti dietro la maschera della diversità (culturale o biologica che sia). Perché se tu accetti il tuo prossimo – chiunque esso sia – come valore umano e come vita, allo stesso modo Puoi pretendere a buon diritto di essere accettato, con tutta la tua diversità, con il colore della tua pelle, con i tuoi strani discorsi sullo sviluppo, con il coltello e la forchetta invece delle mani, con la tua lingua un po’ buffa… A questo punto si può allora incominciare a parlare di dialogo, di simmetria nelle relazioni, di rispetto e integrazione culturale. Quello che invece ho provato sulla mia nelle è che spesso, dietro un atteggiamento di “rispetto-senza-scambio” si nascondono sottili forme di diffidenza, orgoglio e pregiudizio. E dietro al giudizio di valore (etico o pratico) c’è tutta la storia di una civiltà forte e padrona. E che continua a voler essere tale, sotto vesti nuove e inconsuete. Al di là di tutto, credo che l’esperienza di volontariato sia arricchente proprio per le relazioni umane che quotidianamente ti giochi con persone che stanno percorrendo un loro originale (e spesso violento) cammino di liberazione. E tu con loro: per un pezzo di strada non asfaltata, in un universo che non é il tuo; ma che alla fine un non ti appartiene.
Il viaggio
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