Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
1925Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Il viaggio di ritorno dall’Argentina e l’arrivo nell’Italia fascista, nei ricordi di Carlina Lorenzini, una bambina ai tempi della traversata oceanica.
E poi il viaggio, quel viaggio che mi aveva strappato a mio padre che tanto amavo, quel viaggio di sedici giorni (o ventisei?) insieme con mia madre. Doveva essere un breve periodo, sei mesi, forse un anno, dopodiché saremmo tornate a Buenos Aires, dove avevamo lasciato la nostra casa e tutti i nostri beni. È inutile parlare di un viaggio che ricordo alquanto monotono, ma c’è un particolare che non posso passare sotto silenzio, tanto è vivo nella mia mente.
Era il 1932, quindi in piena Era Fascista. Nella parte più importante del salone ristorante vedevo ogni giorno delle grandi fotografie su cui il mio sguardo si attardava alquanto: erano le foto del Re Vittorio Emanuele III e di Benito Mussolini, per me illustri sconosciuti. Quest’ultima attirava particolarmente la mia attenzione: l’uomo indossava una divisa, aveva uno sguardo, secondo me, molto torvo: pareva che mi guardasse con cipiglio arrogante, con un’imponenza aggressiva che non mi piaceva ed ogni volta, passandogli davanti, lo guardavo smarrita e perplessa. Un giorno, d’improvviso, alzai il mio braccio destro verso di lui, con il piccolo pugno chiuso e le due dita, l’indice ed il mignolo allungate a mo’ di corna e cominciai a dire, rivolta verso quella foto: “itomà! itomà! itomà!” un gesto e delle parole di disprezzo (che significano: “Toh, beccati questo!”) e che avevo certamente imparato dai miei compagni di gioco, tanto è facile per i bambini apprendere il brutto insieme col bello.
Immediatamente uno strattone di mia madre mi riportò alla realtà e mi fece cambiare direzione; non andammo più verso il ponte dove eravamo dirette, essa mi riportò nella nostra cabina e là, un po’ accarezzandomi, un po’ rimproverandomi aspramente, ma senza dubbio molto turbata, mi disse di non fare mai più quel gesto in nessuna occasione. Mi spiegò che quel “signore” era il Capo dell’Italia e che, se i poliziotti mi avessero visto, avrebbero imprigionato lei stessa ed il mio papà che era rimasto a Buenos Aires. Rimasi molto impressionata, soprattutto del turbamento di mia madre, la quale era veramente spaventata e temeva che qualcuno mi avesse visto, “poiché” disse “i poliziotti non mancavano sulla nave”.
Da quel giorno, ogni volta che passavo davanti a quella foto, non osavo più alzare la testa, ma la guardavo furtivamente, di sottecchi, quasi affrettando il passo, per allontanarmene al più presto. Le immagini di quel viaggio sono tutte sbiadite, monopolizzate da questo ricordo, al contrario, vivissimo.
Ciò che non ricordo affatto, e non so spiegarmene il motivo, è il viaggio in treno fino a Piombino, dopo lo sbarco nel porto di Genova. Là tutto mi aveva stupito: il porto vociante pieno di gente piuttosto malmessa, mal vestita che si accalcava e spingeva e si muoveva in tutte le direzioni, urlando o gridando con ogni tono di voce. Poi, il vuoto: l’arrivo a Piombino, nome noto alla mia mente di bambina per quella forma di alimento educativo e ripetitivo che i genitori sanno imporre ai bambini, anche se questi non si rendono bene conto di ciò che viene detto e ripetuto loro; su quelle parole tuttavia, i bambini costruiscono immagini distorte, spesso molto lontane dalla realtà obiettiva, ma consone alla propria personalità, alla propria vita, alla esistenza di ogni giorno.
Arrivammo dunque a Piombino di sera: era autunno? inverno? Non lo so esattamente, ma era una sera piuttosto fredda. La stazione, piccola di un piccolo paese, era a malapena illuminata da una fioca lampadina: era una brutta stanza dalle pareti giallastre e sporche e -lo ricordo benissimo-rimasi esterrefatta: “Esta es una estaciòn?” (Questa è una stazione?) ripetevo a mia madre. “Que fea! No quiero ir!” (Che brutta! Non voglio entrare!), questa è la prima impressione, in verità traumatizzante, che ricordo dell’Italia e del mio paese…
Il viaggio
Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
ArgentinaData di partenza
1925Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Carlina Lorenzini
Il Conte Verde
La nave era senza dubbio il Conte Verde, (c’è anche scritto in una fotografia); l’avevo sentita...
Il curandero
Ricordo anche che in quel periodo mia madre non stava molto bene: aveva dei fortissimi dolori...
Ricordi vivi
I ricordi più vivi però si accentuano sulla città e per contrasto mi viene in mente...