Mestieri
impiegatoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
EritreaData di partenza
1939Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Come cambia la vita ad Assab, dopo il 1939, quando in seguito all’impulso coloniale italiano viene ampliato il porto. Lo racconta Alfredo Pincione, ai tempi doganiere del molo Rubattino, dal nome dello storico armatore genovese che aveva contribuito all’insediamento dell’Italia nella baia di Assab.
La vita ad Assab non era molto comoda né piacevole. Quando non spirava il monsone si “moriva” dal caldo torrido. Tutto attorno ad Assab c’era la depressione dancala, fumata generalmente, da lastroni neri di basalto che si arroventavano al sole implacabile e noi vivevamo in una temperatura torrida. Un certo sollievo si aveva dagli agitatori a pale poste sui soffitti, e quando facevamo la doccia, si metteva un asciugamano contenente ghiaccio alla cipolla che dispensava l’acqua! Quando poi veniva la stagione dei monsoni il vento fresco che veniva dal mare smorzava il torrido caldo, ma ci inviava una implacabile nuvola di fine sabbia che si infiltra va dappertutto e si notava specialmente quando andavamo al ristorante e mangiavamo la “bistecchina alla sabbia”! Sotto i denti sentivamo i granelli di sabbia, che dovevamo ingoiare con la carne! L’orario di lavoro cominciava alle 6 del mattino e alle 9 bisognava smettere per l’eccessivo caldo. Si riprendeva nel pomeriggio alle ore 17 fino alle 20 circa. Fino al Dicembre 1939 i piroscafi rimanevano in rada e tutte le operazioni di imbarco e sbarco delle merci e dei passeggeri venivano fatte a mezzo di zatteroni e di rimorchiatori. Nel Gennaio 1940 venne inaugurato un molo di sottoflutto denominato “Rubattino”, ma non sempre i piroscafi potevano attraccare, a causa del mare agitato, specialmente nei mesi in cui soffiava il “monsone”. La diga foranea non era stata ancora costruita. Con l’apertura della strada, realizzata con costi elevati anche di vite umane, che attraverso il bassopiano dancalo conduceva a Dessiè e ad Addis Abeba, l’importanza del porto di Assab crebbe enormemente. Colonne di autocarri percorrevano, specialmente di sera (a causa del caldo torrido) la magnifica strada, per rifornire di ogni tipo di merce i centri della Etiopia. Perciò il lavoro nel porto (solo una banchina) era intensissimo.
Squadre di facchini, specialmente sudanesi e jemeniti, s’alternavano giorno e notte a scaricare le stive e caricare i camions, accompagnando questo duro loro lavoro con canti monotoni ed a volte insopportabili, anche a causa del caldo intensissimo. Io ero stato comandato a dirigere la sezione doganale del “molo Rubattino” e come unico aiutante avevo un arabo di nome Uagir, capace solo a spostare le pratiche, a dare ordini perentori ai facchini e, quando gli era possibile, rubare qualche oggetto strano dall’unico magazzino doganale esistente. Un giorno che ero andato al villaggio, indigeno di Assab, incontro Uagir che passeggiava, pavoneggiandosi, con due macchine fotografiche a tracolla e un grande paio di occhiali da sole. Tutta paccottiglia rubata nel magazzino della dogana!!
Il viaggio
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