Mestieri
pedologoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
KazakistanData di partenza
1959Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Dopo quattro giorni passati a Kustanaj, col fine di mettere a punto i compiti lavorativi del nostro gruppo, partimmo per le rilevazioni pedologiche sul campo. Io fui aggregato a due pedologhe russe: Valja e Tamara, Ngai venne accolto in un altro gruppo composto da tre persone, due pedologhe russe ed uno studente ungherese, di cui non ricordo il nome. Su un fuoristrada in buono stato, prendemmo la strada, che ci avrebbe condotto in un kolcos, specializzato nell’allevamento estensivo dei bovini da carne, che – come ci venne spiegato dal nostro autista – era abitato da contadini di origine tedesca, calati nella steppa del Kasakstan nei lontani tempi di Caterina II, principessa di Anhalt, di origine tedesca. Salita al trono nel 1762 dopo l’assassinio del marito Pietro III, tra le notevoli opere che condusse a compimento nel Paese durante il suo regno, accarezzò con particolare impegno il sogno di colonizzare gli immensi territori semidesertici dell’Asia settentrionale, popolando le steppe asiatiche con contadini, che fece arrivare direttamente dalle poverissime campagne della sua lontana Patria. Il sogno in pratica fallì, ma i contadini tedeschi, che erano sfuggiti da situazioni di particolare indigenza, rimasero nella Russia di allora ed ancora oggi è facile trovare, negli immensi territori asiatici, villaggi interi, che hanno conservato sia pure parzialmente la lingua e le tradizioni del loro Paese di origine. Lungo strade fatiscenti, ci apprestammo a raggiungere il nostro primo obiettivo di lavoro, sapendo che saremmo arrivati sul posto nel pomeriggio del giorno dopo. I nostri accompagnatori caricarono sull’auto le vettovaglie per il viaggio, che consistevano semplicemente in pane nero a cassetta, qualche patata e le immancabili tante bottiglie di vodka.
Alla mia richiesta di spiegazioni per una tale povertà di provviste, mi mostrarono senza darmi altre spiegazioni un fucile da caccia e una rete da pesca. Sinceramente non riuscivo a capire a cosa servisse un tale armamento al posto delle vivande. Lo capii peraltro assai velocemente quando, all’imbrunire, ci accampammo in piena steppa, nella vicinanze di una zona paludosa, alimentata da un pigro torrentello. L’autista caricò il fucile e si allontano tra le canne, l’altro nostro accompagnatore stese la rete nel ruscello e cominciò a tirarla a strascico avanti ed indietro, con l’aiuto di una delle due ragazze. Dopo una mezz’ora scarsa, vicino ad un fuoco improvvisato, alimentato da deiezioni secche di bovini (i mandriani quando si fermano per qualche giorno nei pascoli della steppa, raccolgono accuratamente tutte le deiezioni dei loro animali e le fanno calpestare continuamente da uno o due torelli, per comprimerle ben bene e lasciarle poi essiccare al torrido sole della steppa. All’atto della partenza per raggiungere un’altra località di pascolo, si ammucchiano i risultati di questo lavoro, lasciandoli a disposizione di chiunque arrivi per primo sul posto. Una siffatta attività è da collegarsi al fatto che la steppa è assolutamente priva di alberi, si può viaggiare per giorni interi senza vederne uno, per cui la classica legna da fuoco è assolutamente introvabile), avevamo un secchio di pesci ed una bella e grassa anatra.
Mentre in una pentola il pesce era messo a bollire con le patate e dei cipollotti freschi, l’anatra si arrostiva a fianco sul fuoco di escrementi bovini. Il buio era sceso rapidamente, e nella steppa il buio è veramente tale, e noi con molto coraggio, mangiavamo la nostra anatra e la zuppa di pesce, condita, penso, con parti del combustibile usato, dal momento che il venticello, che si era alzato al tramonto, faceva volare dappertutto il materiale comburente, senza escludere la pentola, lasciata senza coperchio. La fame era molta, l’allegria, per una situazione decisamente inusuale, anche, per cui con l’aiuto di abbondanti libagioni di vodka, demmo fondo alla nostra cena, ritirandoci subito dopo nei sacchi a pelo appoggiati su scarni mucchietti di fieno.
Il viaggio
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