Mestieri
impiegata comunaleLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
Messico, Guatemala, PerùData di partenza
1981Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Comincia l’avventura di vita di Elvira Bianchi e del suo compagno, Alberto, in Centro America. L’arrivo è travolgente: Città del Messico, con i suoi 13 milioni di abitanti, si presenta agli occhi di Elvira in tutte le sue contraddizioni, come riferisce scrivendo alla madre in Italia.
Città del Messico, 11 Maggio 1981
Cara mamma, finalmente eccomi qua, un po’ stanca per le fatiche e gli strapazzi di questo viaggio, ma in ottima salute, senza diarrea, senza tachicardia e con le spalle già bruciate dal sole di questa caldissima città (ma chi l’ha detto che qui faceva fresco, fa un caldo boia, vado in giro mezza nuda e la notte dormiamo solo con il lenzuolo!). Ma procediamo con ordine. Da dove incomincio? A Parigi in quei tre giorni sono stata molto bene. Dormivamo in una stanzetta piccola piccola sotto i tetti e abbiamo fatto delle incredibili cene con gli amici di Alberto. Sono stata a vedere Modigliani e mi è piaciuto veramente tantissimo, e al Beaubourg, dove in un pomeriggio mi sono letta tutto un libro di Dacia Maraini, mentre Alberto accanto a me leggeva non so quali cronache sul Perù prima degli Spagnoli. Venerdì mattina siamo partiti per Bruxelles e qui è incominciato il nostro lunghissimo viaggio. L’aereo è partito all’1,30. Io e Alberto per la paura che non ci dessero da mangiare, ci siamo abbuffati prima di partire, invece, per tutta la durata del viaggio fino a N.York, non hanno fatto altro che portarci da mangiare e da bere. Le hostess americane erano tutte di mezza età, bionde e un po’ vistose, ma molto gentili. Il viaggio è stato bello, ho avuto solo un po’ di paura al momento dell’atterraggio e del decollo. Con la faccenda dei fusi orari siamo partiti all’1,30 e siamo arrivati a N.York che erano solo le 5. Lì sono cominciati i casini. Dovevamo cambiare aereo e prenderne uno che andava a Huston, Texas, e poi a Città del Messico. Quindi abbiamo dovuto rintracciare i bagagli e informarci da dove partiva l’aereo. Alla dogana hanno cominciato a farci perdere tempo, a farci domande su domande, ma poi finalmente ci hanno lasciati andare. Mancava solo una mezz’oretta alla partenza e non sapevamo dove cavolo andare. Devi sapere che l’aereoporto di N.Y. è spaventosamente grande e si divide in moltissimi edifici. Insomma, per fartela breve, ci siamo fatti una corsa pazzesca per cercare la Pan Am, da dove partiva il nostro aereo, ma si trovava fuori dell’aereoporto dove ci trovavamo. Abbiamo dovuto prendere un taxi. Siamo arrivati che mancavano pochi minuti alla partenza. All’ultimo controllo dei biglietti, prima di salire, un impiegato ci ha fatto tornare indietro a prendere un foglio che avevamo dimenticato a uno sportello. Insomma ce l’abbiamo fatta, ma veramente per un pelo! Appena saliti hanno cominciato a rimpinzarci di ogni ben di Dio, the, coca cola, pollo al curry e via dicendo. Stavolta le hostess erano nere e bellissime. L’aereo, naturalmente, era pieno di americani. A Houston sono poi saliti un sacco di messicani. Siamo arrivati a Città del Messico a mezzanotte.
Città del Messico ha 13 milioni di abitanti (la metà sono bambini) quindi puoi immaginare il caos e il casino che ci possono essere. Non ho mai visto tanta gente tutta insieme e tutta di un colore diverso dal mio. Sono tutti marroncino chiaro (come gli Apaches) e mi guardano come se fossi una bestia rara e preziosa. La città è piena di macchine americane lunghe un chilometro, mezze rotte, i vigili portano la stella come gli sceriffi, dappertutto ci sono donne indie sedute per terra che vendono qualcosa, gomme americane, pettini, tortillas, ma nelle zone bene del centro le signore della borghesia messicana sono elegantissime e con la puzza sotto il naso. Insomma ci sono miliardi di contraddizioni in questa città mostruosamente grande e popolata. I bambini sono bellissimi, sembrano bambolotti di gomma, le madri se li portano sulla schiena avvolti in scialli colorati, e anche loro sono di una bellezza incredibile. Ieri sull’autobus una madre bambina (avrà avuto 15 anni) allattava il suo piccolo, e nessuno ci faceva caso. L’albergo in cui siamo è in centro. E’ pulito e abbastanza bello e costa solo 200 pesos (circa 10.000 lire). Abbiamo intenzione di rimanere qui due o tre giorni solamente. Abbiamo già visitato la città che, come ti ripeto, è mostruosamente grande. Siamo andati al Museo di Antropologia (bellissimo!) e oggi al Palazzo Nazionale che ha dei murales meravigliosi di Diego Rivera. Domani andremo a Teotihuacan (che nome!) a vedere le piramidi Azteche, e poi ci rimane da vedere il Museo di Arte Moderna. Da qui poi andremo a Vera Cruz che è una città più piccola sul mare. Speriamo di conoscere un po’ di gente del posto, perché non ci piace viaggiare come i soliti turisti. Poi andremo più a Sud. Nello Yucatan la vita costa poco, nei paesini ancora meno, e per quasi un mese saremo autonomi finanziariamente. Poi cercheremo qualche lavoretto, magari quando saremo arrivati in Costa Rica. Ho fatto un pacco che ti spedirò via mare domani, con le cose che penso non mi serviranno. E’ inutile, visti i numerosi spostamenti che faremo, trascinarci tanto peso negli zaini, e poi ho intenzione di comprare delle cose. Per il mangiare si spende pochissimo, solo che ho qualche difficoltà ad abituarmi a questo tipo di cucina. Per non sbagliarmi mangio quasi sempre bistecche giganti, e la mattina a colazione degli enormi frullati di frutta o di carote che qui sono meravigliosi. Ora ti lascio. Sta tranquilla che io sto benissimo e mi divertirò tanto. Appena potrò ti farò avere un recapito postale. Curati le mani e cerca di divertirti anche tu! Ti abbraccio forte forte. Elvirù
Il viaggio
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laureaPaesi di emigrazione
Messico, Guatemala, PerùData di partenza
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