Paesi di emigrazione
CroaziaData di partenza
1946Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Temi
politicaTemi
politicaIl padre di Claudia, Cherubino, è stato arrestato per aver manifestato il suo dissenso rispetto alla rottura politica tra l’Unione Sovietica e la Jugoslavia del maresciallo Tito. La figlia e la moglie non hanno più avuto sue notizie dal giorno dell’arresto e temono ormai che gli sia successo qualcosa di grave.
Il nostro tempo trascorreva nell’attesa di sapere qualche cosa su mio padre. Finché un giorno, nella nostra ignoranza, un avvenimento ci diede un piccolo barlume di speranza. Il maresciallo Tito, presidente dello Stato, sarebbe venuto l’indomani a fare visita alla nostra cittadina. Mia madre decise che anche noi due saremmo scese in piazza a dargli il benvenuto. Quel mattino sembrava che tutta Lussinpiccolo fosse in festa. La banda militare suonava, la gente era tutta vestita di nuovo ed i bambini con i fazzoletti rossi legati attorno al collo, da piccoli pionieri, si rincorrevano e gridavano di gioia. Soltanto mia madre ed io stavamo ferme e silenziose dietro al cordone ad aspettare che il favoloso veliero approdasse al molo. I preparativi per il suo sbarco furono lunghi. Infine, quando sulla strada venne disteso un tappeto rosso e lunghissimo, capimmo che il “grande momento era arrivato”. Il maresciallo Tito uscì assieme alla consorte Jovanka sul ponte della nave, da dove ci salutò con la mano. Poi scese la scaletta e appena mise i piedi a terra venne circondato da bambini che gli porgevano mazzi di fiori. Lui accarezzava il loro capo e li prendeva in braccio. La folla applaudiva freneticamente senza tregua. Stanche ormai di partecipare a questo spettacolo di “venerazione”, mia madre ed io stavamo per andarcene a casa, quando ad un tratto una voce non molto lontana mi chiamò e mi disse: “Perché non vai a chiedere al presidente Tito di aiutarvi a rintracciare tuo padre. Vedi come è grande l’affetto che ha per i bambini. Muoviti, vai, non perdere questa occasione!” Per un istante, pensai di farlo nella mia ingenuità puerile. D’impeto lasciai la mano di mia madre, mi infilai sotto il cordone e con l’animosità di un adulto mi inviai verso il maresciallo Tito, ma improvvisamente mi fermai. La paura mi prese di soprassalto: lui procedeva lentamente sul tappeto rosso, che era ormai coperto di petali di rose, con una andatura baldanzosa e arrogante. Mi sembrò grande e grosso. Aveva un’uniforme bianca come la neve e tanti bottoni dorati sul petto, che sotto il sole cocente di luglio scintillavano e abbagliavano gli occhi. Indiettreggiai, mentre un poliziotto con uno sguardo agghiacciante mi disse qualche cosa, che io non capii e mi spinse dentro il cordone. Mia madre si trovò in quel momento vicino a me e, invasa dal panico di fronte a quello che era accaduto, mi prese per mano e ci allontanammo precipitosamente con il cuore pieno di tristezza. Era una limpida giornata di sole. Mia madre era appena uscita per andare dalla famiglia Rocca. Dopo essermi vestita, io riordinai la stanza e andai in cucina a prepararmi la colazione, quando sentii un rumore alla porta d’entrata. Andai verso l’uscio e vidi mia madre che febbrilmente metteva la chiave nella serratura. Entrò tutta agitata e tirò subito fuori dalla borsa un lettera dal color giallastro. Gliela aveva data il postino incontrandola per strada. L’indirizzo era scritto a macchina e nell’angolo della busta c’era un grosso timbro. Mia madre girò più volte la lettera fra le mani e per un momento indugiò ad aprirla, come se fosse assalita da un pauroso presentimento, ma poi disse: “Ma si, apriamola subito questa lettera, forse ci sono le tanto attese notizie di papà!” Stracciò con la mano tremante la busta e tirò fuori un foglio di carta dove c’erano state scritte a macchina pochissime righe in lingua croata. Il non capire subito cosa stava scritto nella lettera portò mia madre all’esasperazione. Si precipitò fuori casa con il foglio in mano a cercare qualcuno che le facesse la traduzione. Io restai sull’uscio di casa, ferma e goffa su due piedi, con una inquietudine infinita nell’animo, ad aspettarla. Entrò poco dopo con una nostra vicina di casa, la signora Caterina. Dall’espressione dolorosa del suo volto capii che il contenuto della lettera doveva essere triste. Mia madre si accasciò sulla sedia e si mise a piangere dirottamente. La signora Caterina, anche lei con gli occhi pieni di lacrime, quando vide il mio sguardo implorante, tradusse sottovoce in modo conciso cosa stava scritto nella lettera: “Il Tribunale supremo militare di Spalato ha condannato il compagno Colussi Cherubino a quattro anni di reclusione e ad un anno di libertà condizionata per attività sovversive, fatte in collaborazione con agenti segreti sovietici, ecc. ecc.”
Il viaggio
Paesi di emigrazione
CroaziaData di partenza
1946Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Claudia Sonia Colussi Corte
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