Mestieri
direttore della fotografia (cinema)Livello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
ColombiaData di partenza
1923Data di ritorno
1932Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Roma, quartiere Quadraro, anno 1923. Oberdan Troiani ha sei anni, e suo padre è un noto antifascista. Conoscendo le sue idee l’amico Enrico Massi, asso dell’aviazione di recente trasferitosi in Honduras, lo invita a recarsi in quel Paese con tutta la famiglia.
Mio padre aveva accumulato tanto odio per quanto si era determinato con l’avvento del fascismo, che non volle viaggiare su di una nave di nostra nazionalità. Così andammo ad imbarcarci in Francia, a Bordeaux, dove arrivammo dopo un lungo viaggio in treno. Dovemmo aspettare un paio di giorni prima dell’imbarco. Mi colpirono i tram di quella città che, per far scansare la gente, avevano una trombetta che aveva lo stesso suono di quelle che vengono usate per chiamare le allodole durante la caccia.
La nave sulla quale ci imbarcammo si chiamava “Perù”, pur essendo francese. Era stata varata nel 1886. Ricordo la data perché era la stessa della nascita di Mamma. Allora la grandezza delle navi si calcolava dal numero dei fumaioli che avevano; la “Perù” ne aveva due ed era abbastanza scalcinata. Fino a quando percorse il fiume Gironda tutto andò liscio, ma appena entrò in mare e cominciò a prendere il largo iniziammo a sentirci tutti male. Solamente papà ed Elda non soffrivano. Esclusi sporadici momenti, quando si vedeva la terra in lontananza e quando si sostava in qualche porto intermedio, il mal di mare non ci concedeva tregua. […]
Purtroppo caricarono anche una grossa turbina elettrica. Dico purtroppo perché quel pesantissimo carico non venne fissato bene nella stiva e, col mare grosso che ci investì appena fuori del porto, scivolò su un lato della nave, costringendola a fare la traversata dell’Atlantico paurosamente inclinata. […] La turbina fu scaricata al primo porto che toccammo dopo la traversata. Credo fosse Trinidad, nella Martinica; potrebbe darsi che si trattasse di Fort de France. Non ne sono sicuro. Ricordo dei ragazzi che si tuffavano per recuperare le monetine che qualche passeggero lanciava in acqua.
Poi facemmo scalo a Kingston e dunque arrivammo a Colòn: la nostra prima meta. Vi sbarcammo dopo aver versato una cauzione perché era sotto giurisdizione statunitense. Città caotica, piena di movimento e frastuono; i locali notturni, aperti fino al mattino, assordavano con la loro musica. La maggior parte dei negozi non avevano neanche le saracinesche: non chiudevano mai. Ricordo un treno che attraversava il centro della città facendosi strada nel traffico per mezzo di una campana, come quelli che si vedevano nei film western.[…]
La cauzione versata da papà credo che permettesse di soggiornare due o tre giorni a Colòn. Per raggiungere l’Honduras, dovevamo prendere un treno. Prima però, dovevamo ricevere notizie e istruzioni da Enrico, anche perché avevamo saputo che aveva cambiato residenza durante il tempo trascorso per il nostro viaggio. Dunque ci recammo al Consolato Italiano, dove, invece di trovare il nuovo indirizzo, trovammo la tragica notizia della morte di Enrico: mentre in volo faceva scuola ad un allievo, questo venne preso dalla paura bloccando la doppia cloche ed Enrico non fece in tempo a riprendere il comando dell’aereo che cadde. Morirono tutti e due. A Tegucigalpa fu eretto un monumento alla memoria di Enrico Massi, perché riuscì ad evitare che il velivolo cadesse sull’abitato.
Il viaggio
Mestieri
direttore della fotografia (cinema)Livello di scolarizzazione
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1923Data di ritorno
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