Mestieri
rappresentante di commercioLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Argentina, GermaniaData di partenza
1974Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri) Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Pietro e la mamma hanno iniziato il viaggio verso l’Argentina. Lasciato il paesino del catanzarese, si dirigono in treno verso Genova.
Il viaggio riprende. Ci troviamo su un altro treno. Ancora case, palazzi appiccicati gli uni agli altri. Il binario finisce dentro la stazione. Il treno vi entra.
Adesso è quest’altro zio nella stessa posizione di quello che abbiamo lasciato nella prima stazione. È appoggiato con la schiena ad una colonna, gli occhi coperti con una mano, mentre con l’altra si regge il gomito. Solo che adesso lo zio non è sulla banchina della stazione, ma sul molo del porto: Genova.
Mia madre ed io siamo in piedi, io ho la bocca schiacciata contro il tubo della balaustra, lei dietro di me, mi fa pressione e mi blocca le spalle con le mani.
Ci troviamo molto più in alto dello zio. Lui è sotto e sembra ancora più piccolo di quanto sia. Noi lo guardiamo dall’alto, siamo sul bastimento.
La banchina è piena di gente che si sbraccia, grida, chiama, urla, piange. Ci si parla, ma non ci si sente. Ognuno dice qualcosa, ma l’altro non capisce e risponde secondo quello che gli sembra di aver capito, ma in realtà urla quello che in quel momento l’anima gli mette in bocca. All’improvviso, si ode come un urlo cupo, straziante. Poco dopo si ripete, ancora più forte, spaventoso: è la sirena! Il segnale del distacco.
Lentamente le corde enormi che ancorano la nave al molo cadono in acqua, una dopo l’altra. Lo spazio tra il fianco del bastimento e la banchina va lentamente allargandosi sempre più. Si vede l’acqua scura e oleosa.
Il vocio aumenta, le urla, i gesti si fanno più ampi. La gente comincia a muoversi in massa, compatta, come se volesse lanciarsi verso il bastimento e saltarvi dentro, ma sul ciglio della banchina si fermano; altri uomini in divisa, marinai forse, allargano le braccia e fanno muro.
Piangono, si disperano, con lo sguardo cercano il volto della persona cara. Intanto cresce lo spazio tra il bastimento e il molo. Lo specchio d’acqua s’allarga.
Tutte le corde ora sono mollate, ma sulla mia sinistra, all’altezza dei miei occhi, vedo una cordicella rossa, sottile, ancora tesa. Una donna ha un gomitolo di lana in mano, una persona rimasta a terra ha in mano l’altro capo. Il gomitolo va riducendosi man mano che il bastimento si allontana dalla banchina.
I palazzi, che prima sembra di averli addosso, adesso riusciamo ad inquadrarli tutti, come in una cartolina illustrata.
I monti, che prima non potevamo vederne le cime, adesso ne distinguiamo il loro profilo.
La donna accanto a me, quando il gomitolo ormai è ridotto a un tratto di filo rosso, l’ ultimo e poi gli sfugge di mano, lancia un grido e senza più ritegno comincia a piangere .
Io e mia madre restiamo fermi, attaccati alla balaustra. Gli occhi stretti in una fessura, scrutano per distinguere quel puntino nero sulla banchina che è mio zio. Siamo impietriti!
La terra si allontana, non odiamo più niente, il cielo è grigio, la luce è lattea. Restiamo là, muti, con gli occhi fissi al profilo dei monti, fino a quando la linea scura della terra si stende e si confonde con quella del mare.
Siamo partiti per Buenos Aires!
Il viaggio
Mestieri
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diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Argentina, GermaniaData di partenza
1974Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri) Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Pietro Lucente
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