Mestieri
operaioLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
VenezuelaData di partenza
1952Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)È il 1952 quando Felice Malgaroli decide di dare un taglio alla vita di stenti che conduce in Italia, e parte per il Venezuela.
Le mie aspirazioni non riguardavano solo il guadagno, il tipo di lavoro o la sicurezza per il futuro; ciò che soprattutto mi occorreva, era uno strappo che portasse luce in quel buio che la guerra mi aveva lasciato dentro. Alcuni anni prima avevo conosciuto un operaio della Fiat, un tale Giovanni Capello, che incontravo alle riunioni di partito. Eravamo diventati amici e mi piaceva ricordarlo per l’impronta che aveva lasciato con la sua intelligenza e determinazione, parlava poco, ma quando lo faceva diceva cose o indicava direttive che non lasciavano dubbi. Sembrava dovesse diventare un leader. Poi un giorno scomparve, lascio il quartiere, il partito e il lavoro alla Fiat, per andarsene senza dir nulla a nessuno. Me lo vedo riapparire un giorno ridente e abbronzato. Mi saluta calorosamente chiedendo notizie. Gli racconto che sono all’Azienda elettrica da un paio di anni e aggiungo: “E tu da dove vieni?” “Vengo dal Venezuela, laggiù faccio il carrozziere come quando ero in Fiat, ma in questi anni mi sono fatto i soldi per comprarmi un alloggio e anche alcuni macchinari per un progetto che ho in mente di realizzare”. Gli domando do v’è il Venezuela e mentre me lo spiega, intuisce che sono a un punto morto e sempre rinchiuso nella stessa gabbia. Si fa allora serio per questo e si manifesta il vecchio amico di allora: “Io tornerò laggiù e, se vuoi, ti invierò un atto di richiamo”.
Mantiene la parola e accade che, tra la costernazione di alcuni amici e parenti benpensanti, do le dimissioni da quel buon posto di lavoro per andarmene in America, senza un contratto, senza capitali e senza nemmeno conoscere la lingua del posto. La nave su cui sono imbarcato fa la spola tra Genova e Caracas. A bordo vi sono prevalentemente emigranti e sin dal primo giorno di navigazione incontro volti amichevoli. Il dialogare di ciascuno riflette un mondo di sogni che non ammettono dubbi sulla realizzazione della propria speranza. Quasi nessuno parla del passato. Vivo e partecipo alla vita di bordo, sia come passivo ascoltatore che attivamente nell’organizzare giochi e cori alla sera. Talvolta me ne sto solo appoggiato alla battagliola e, pensando al mio passato, ho l’impressione che esso sia, in questa occasione, la parte più importante delle mie prerogative. Infatti, né la baldanza dei miei ventotto anni, né i pochi spiccioli che porto in tasca, mi darebbero la stessa serenità data dal sapere che mai più potrà accadermi qualcosa di peggio. Sono al posto giusto e guardo il mare, avanti, verso prua.
Il viaggio
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