Mestieri
militareLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
BosniaData di partenza
1996Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)L’esplosione di una mina, il ferimento di una donna che con il suo corpo fa da scudo a quello del figlio per salvargli la vita. Episodi di violenza quotidiana nella Sarajevo del 1996, raccontati dal maggiore Ippolito in servizio con l’esercito italiano per una missione di Peace keeping.
Giorno 3 febbraio 1996 data fatidica che indica il TOA (Transfert of Autority) tra la Brigata francese e la Brigata Multinazionale Sarajevo Nord. Da questa data in poi , la Brigata aveva la responsabilità di un settore , il più difficile in assoluto di tutta la Bosnia Herzegovina, il più esteso ed il più soggetto a scontri tra le fazioni che stava raggiungendo in quei giorni il più alto indice di pericolosità .Lo stesso settore nel quale moltissimi militari francesi avevano perso la vita solo per essere soldati, in missione di pace, in un territorio in cui la pace era ancora di là da venire. Iniziavano, con il TOA, le attività che vedevano sempre presenti i bersaglieri dell’8° reggimento i quali in qualsiasi occasione hanno sempre dimostrato altissimo senso del dovere e grandissima professionalità come nell’occasione nella quale una pattuglia di bersaglieri ha evitato il saccheggio di un magazzino viveri della CARITAS sul viale dei cecchini . Ancora un episodio che vede protagonisti, questa volta, due sottufficiali del BOE (Bonifica Ordigni esplosivi). I due militari erano stati chiamati perché era stata segnalata la presenza di una mina inesplosa nei pressi di un palazzo sul viale dei cecchini Giunti sul posto hanno potuto scorgere una signora con un ragazzo che stavano attraversando un giardino nelle immediate vicinanze della loro casa ed ecco che una deflagrazione, e tanto fumo, fanno capire ai due che qualcosa di grave era successo. La signora, urlava dal dolore ed il ragazzo che le era accanto era a terra, immobile. La disgrazia era però un’altra, erano capitati in un campo minato, dove non era solo quella esplosa l’unica bomba. Uno dei sottufficiali, allora, con un coraggio pari a pochi, con l’esperienza che aveva accumulato in anni di attività, pian piano si è avvicinato alla signora e presala in braccio l’ha riportata indietro ripercorrendo le stesse tracce sul terreno. Recuperare il ragazzo è stata la seconda fase (seconda perché in un primo momento sembrava morto), fortunatamente era solamente svenuto. La madre, la cui gamba era stata straziata dall’esplosione, forse con l’istinto innato di mamma, l’aveva coperto con il suo corpo. Istinto di mamma, istinto di tante mamme italiane che, “guarda caso” erano uguali alle mamme bosniache.
Il viaggio
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