La piantagione di caffé

Visto che nei salotti si parlava solo del Brasile e di uno stato che sarebbe stato il futuro per piantagioni di caffè, merce cara e preziosa, con i racconti favolosi di Luisa Ridolfi e di suo figlio che vennero in Italia per portarci la salma del rispettivo marito e padre, con la presentazione del venditore di terre, che era Carlo Aloisi con il quale Luisa aveva già fatto il suo acquisto, con gli amici, col console e moglie brasiliani a Firenze, pensai di fare il migliore affare della mia vita come affare in sé e anche per una futura attività che vedevo interessante per la cara metà in un paese sconosciuto per ambedue! Così ci avviammo in questa direzione, il console e la consorte abitavano nel palazzo Fossombroni. Vivevamo là piegati sull’atlante. Quando mi dettero i dati della superficie dello stato del Paranà che mi parve fosse varie, molte volte, la superficie dell’intera Italia, pensavo che mi sarei certamente perduta, l’ultima città segnalata era Rolandia. Maringà non esisteva in quell’atlante, temevo fosse una città fantasma, ma da Carlo sapevo che vi arrivavano centinaia di persone ogni giorno, alcuni per comprare, molti per lavorare. Suo fratello si trovava già là, ed era l’amministratore delle terre che suo fratello vendeva per l’Europa intera. La terra che Luisa aveva comprato era già stata disboscata quasi per intero. Dopo aver provveduto alla somma, comprammo la tenuta e ne ordinammo il disboscamento e la semina: quanto prima, tanto meglio. Per il resto preparai tutto con calma e organizzazione, portai via roba personale, biancheria, qualche libro e qualche oggetto più caro. Trovai una tata per Gilberta, quella che aveva non poteva accompagnarci.

Fu bello e tranquillo il viaggio in bastimento fra cielo, mare e vento, molto angoscioso lo stacco finale. Un marinaio, ogni giorno mi diceva: “Signora, Dio è brasiliano”.