La piccola nemica

Per avere notizie su babbo, alcuni amici suggerirono a mamma di recarsi in una cittadina vicina per parlare con una persona stimata e conosciuta come uomo di pace, informato sugli avvenimenti bellici.
Lasciò noi figlie al sicuro presso le suore, salì sull’autobus e partì.

Appena arrivata a destinazione, due “gendarmes” le chiesero il lasciapassare: purtroppo lei non lo aveva; la condussero a piedi al comando, mettendolo in mezzo a loro due, e durante tutto il tragitto fu presa a sputi da alcuni passanti.

Al comando mamma fece presente ai militi che prima di partire si era recata al comune di appartenenza per sapere se poteva intraprendere quel viaggio senza problemi: partì solo dopo aver ricevuto il consenso verbale.

Chiarito ogni dubbio col comune di residenza in merito alla veridicità delle sue affermazioni, i “gendarmes” la rilasciarono, e lei tornò a casa, senza peraltro avere avuto notizie sulla sorte di babbo. Oltre la paura e il dolore per l’umiliazione subita, mamma si sentì improvvisamente una donna tristemente sola e indifesa.

Anch’io, a scuola, ho avuto dei problemi. Alcune compagne mi gridavano dietro con disprezzo “italiana…italiana….italiana…”, isolandomi anche dai giochi.

Visto il clima ostile che si era creato, accettammo l’invito di una famiglia sarda, nostri amici, per trascorrere alcuni giorni assieme nel loro casale in campagna, onde ritrovare un po’ di serenità. Al nostro rientro notammo che le due signore che abitavano al 2° piano, “Giovanna d’Arco” e l’altra, si erano trasferite altrove durante la nostra assenza.