Mestieri
impiegatoLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1943Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Sfuggito alla cattura dei tedeschi, nell’inverno del 1943 Alessandro Andreini si disfà della divisa del Regio Esercito per ricongiungersi alla famiglia, che vive a Varese. Ma la latitanza dura poco: individuato dagli occupanti, di nuovo a rischio cattura, preferisce la via della fuga piuttosto che un arruolamento nell'esercito della Repubblica sociale. Attraversa il vicino confine con la Svizzera, dove trascorre i mesi che separano l’Italia dalla fine dell’occupazione nazista e della guerra.
Arrivai a Varese: Pernottai lì vicino una cascina e l’indomani mattina prestissimo e a piedi mi incamminai per il mio paesello “Bisuschio”! Il sole era già alto e mi avvicinai alla villa dove abitavano i miei più cari, alquanto grande e circondata da una alta inferriata e lì sfinito mi appoggiai al muretto. Ad un tratto vidi mia sorella, la più gnande Alice, che aveva dodici anni e che pérò purtroppo non mi riconobbe scambiandomi per un medicante. Corse dalla Buonanima di mia Madre e disse che vi era un poverello che chiedeva l’elemosina e si avvicinò tremante a me con un pezzetto di pane giallo. Chissà come io la guardavo, doveva avere una gran paura e posato il pane sul muricciolo, scappò via in casa gridando “Mamma, mamma, quel vecchio mi guarda male, mi fà paura!” Per non farla spaventare oltre, mi allontanai dalla cancellata e mi avviai verso la vicina porta d’ingresso alla casa, da dove in preciso istante usciva mia Madre, per vedere un po’ chi fosse questo vecchio che faceva spaventare la sua piccola ….. ma Lei non si sbagliò però, rimase un attimo a guardarmi, ammutolita, esterefatta quasi e con un grido di gioia mi gettò le braccia al collo stringendomi forte forte a se, ora piangendo ora ridendo insieme, continuando a baciarmi ed a proferire frasi di gioia e di ringrazia-mento alla Santissima Vergine che mi aveva fatto tornare a Lei. Ora anche i miei fratelli e le mie sorelle, mi abbracciavano, mi stringevano e tra lacrime di gioia mi trascinarono in casa verso la tavola, verso una sedia. Mi sedetti, cercai di calmare tutti; ero tornato ormai, ero con loro non li avrei mai più lasciati; questa volta non era come quando ero ritornato dal fronte russo, stavolta me ne sarei rimasto veramente a casa con loro!!! Bruciai i vestiti, nascosi ben bene sotto un albero del mio giardino che ancora credo sia là sepolta, la mia pistola, scaricai quel paio di bombe a mano che mi erano rimaste di nascosto dei miei (ero provetto in quel lavoro) e rimasi in panciolla a mangiare e dormire, ma ….. per soli tre giorni! Al terzo giorno infatti, verso le dieci di mattina, arrivò a casa mia con urgenza un brigadiere dei Carabinieri, il quale ci avvisò che i tedeschi avevano saputo del mio arrivo e che nel pomeriggio sarebbero venuti a prendermi. Si fece subito consiglio di famiglia sul da farsi. Un mio zio con mia cugina che erano abbastanza quotati presso gli alti Comandi fascisti, mi dissero che si sarebbero subito interessati e che se fossi rimasto mi avrebbero fatto avere il Comando dei Fasci Giovanili di Varese. Mia Madre, Santissima Donna, mio Padre, uomo retto e giusto, mi consigliarono la via della montagna e dell’esilio piuttosto che quella del disonore! Alle quattordici precise di quello stesso giorno, insieme ad un mio fratello di diciotto anni, salimmo in montagna sopra il paese di Viggiù; i tedeschi si stavano avvicinando anche lì ….. passammo il confine svizzero. Con l’aiuto della lingua tedesca che conoscevo abbastanza, presto fui inviato in un campo di lavoro per internati militari italiani. Colà feci di tutti i mestieri: dal cameriere d’albergo al mungitore di vacche, dallo zappatore alla costruzione di strade, dal contadino a falciare l’erba, al bracciante, al venditore ambulante, al commerciante in letame (che andavo a raccogliere per le strade con il carrettino e con paletta e scopino). Tutti mi stimavano tutti mi volevano bene e ogni volta che incontravo qualcuno che mi conosceva, venivo sempre complimentato con amichevoli manacciate sulle spalle, ora per quel lavoro ora per quell’altro. Cercavo sempre di fare da paciere tra la popolazione locale e qualcuno dei nostri un po’ troppo focoso (specialmente i meridionali) e tutti, veramente tutti, senza alcuna distinzione di razza, di costumi o di religione, mi rispettavano. Più volte mi è stato offerto di abbracciare la religione che praticavano in quel Cantone e anche con alletanti proposte; io invece non solo le respingevo, ma raccontavo loro la effusione che avevo avuto della mia Bellissima Madonna. Loro quasi si pentivano di avermi fatto quelle proposte.
Il viaggio
Mestieri
impiegatoLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1943Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Alessandro Andreini
Fine della ritirata
Nel tardo pomeriggio mi avvicinai alle prime casette circondate da steccati. Appena varcato il primo cancelletto...
Rimpatriato
Dopo circa un mese e mezzo di quella pacchia, incominciò a circolare la voce che coloro...
Fuoco sui tedeschi
Cosa potevo fare? Cosa dovevo fare? Che rabbia che avevo in corpo!!! Io ero libero ed...