L’Africa nel destino

Conseguito il diploma di avviamento commerciale, mio padre mi chiese se volevo continuare a studiare. Gli risposi affermativamente, ma volevo andare al collegio aeronautico di Forlì per poi intraprendere la carriera militare. La domanda di ammissione prevedeva la firma di entrambi i genitori, mia madre rifiutò. In quel momento decisi il mio avvenire, perché dissi: “Va bene, m’iscriverò alle Cascine (Istituto Tecnico Agrario), poi all’Istituto Agronomico per l’Africa Italiana (nome che per ovvie ragioni oggi ha cambiato l’ultima parte e di cui sono stato un dipendente) e poi andrò in Africa”. Un giorno il Direttore dell’Istituto dove avevo conseguito il diploma mi chiamò e mi propose di andare in Somalia. Di questa possibilità parlai con mia moglie ed essa mi lasciò libero di decidere. Accettai e così iniziò l’attività per cui avevo studiato.

Una parte della mia vita per lavoro l’ho trascorsa in Africa. Di questo immenso continente ho molti ricordi lieti e tristi. Sono sbarcato dalla a Mogadiscio nel 1953, e dopo un breve periodo trascorso in questa città e dopo aver visitato alcuni luoghi interessanti da un punto di vista soprattutto professionale sono stato trasferito dall’Ufficio Agrario al Centro Sperimentale Agrario di Genale (Merca), dove ho avuto il primo impatto con il lavoro inerente alla mia qualifica di Agronomo. Ho trascorso un decennio in questo Paese con mia moglie e mia figlia vi ha mosso i primi passi della sua esistenza. Sono ritornato più volte. Ero presente quando il Generale Siad Barre attuò il colpo di stato istaurando un regime dittatoriale, e l’ho rivisto per l’ultima volta nel 1980, quando sono stato invitato dall’Ente Nazionale Banane per un esame sullo stato della bananicoltura perché lo stesso Presidente Siad Barre per risollevare le sorti di questa importante attività aveva richiamato il mio caro e indimenticabile amico Silvano Fantoni e con lui anche l’amico Luciano Guidotti.