Mestieri
impiegataLivello di scolarizzazione
frequenza scuola media superiorePaesi di emigrazione
FranciaData di ritorno
1943Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Dopo quasi tre anni di guerra (su cui la memoria dell’autrice ritorna fugacemente), la famiglia sarda dei Chessa decide di far ritorno in Italia.
Partimmo un mattino dei primi giorni di aprile del 1943, raggiungendo a piedi la vicina stazione ferroviaria da dove prendemmo il treno che ci porto fino a Tolone. Mentre percorrevamo sconsolati la via, guardando per l’ultima volta quelle case e quel canalone che conoscevamo bene, incontrammo qualche amichetta che agitava la manina in segno di saluto. Ma babbo, poco disposto ai saluti, lui con il suo carico di valigie, mamma con i suoi borsoni, e noi con un pacchettino in mano, ci diceva: “ andiamo, andiamo, e tardi“. Fu così che abbandonammo definitivamente la nostra abitazione, lasciando alle nostre spalle quella via e quel villaggio agricolo dove nacqui e dove passerai la mia infanzia. A Tolone salimmo su un altro treno per arrivare sino alla frontiera italo-francese, momentaneamente dislocata nella cittadina di Mentone. […]
Alla frontiera fummo prelevati dalle autorità militari italiane e condotti in un albergo di Mentone, appositamente requisito, dove alloggiamo assieme ad altri profughi, in attesa che le stesse autorità prendessero le dovute informazioni su ciascuno di noi, prima di autorizzarci a proseguire il viaggio. L’albergo doverosamente piantonato da un agente, era la tua obbligata per i viaggiatori che dovevano varcare la frontiera, e nessuno poteva uscire fino a nuovo ordine. Tutti giorni c’erano arrivi e partenze: chi entrava e che usciva dall’Italia.
Ogni mattina, un incaricato, nell’atrio dell’albergo, faceva l’appello, non minando solo le persone autorizzate a riprendere il viaggio. In uno di quei giorni del nostro obbligato soggiorno, che dura un mese, vedemmo andar via dall’albergo un uomo ammanettato scortato degli agenti, mentre la moglie, colta dalla disperazione, urlava e piangeva strappandosi capelli e dimenandosi: era fuori di sé. Sapevamo che quello sfortunato uomo fu arrestato perché era un antifascista.
In altre occasioni, i miei genitori, parlando con degli sconosciuti, seppero che rientrare in quel periodo in Italia sarebbe stato un errore, ed era quindi pericoloso proseguire, sia per la guerra in corso, sia per la situazione disastrosa in cui essa si trovava. I miei genitori, amareggiati e spaventati, pensarono di aver sbagliato tutto, cadendo così dalla padella alla brace. Io, da parte mia, non ho brutti ricordi di quei giorni. L’albergo era confortevole, il vitto e l’alloggio erano gratis, e fu proprio allora che imparai a leggere e a pronunciare correttamente le prime parole in italiano. Nonostante l’albergo fosse piantonato da un agente, e fosse vietato uscire, io, dal piazzale antistante, nelle belle giornate primaverili, potevo giocare con gli altri bambini, e vedere il traffico di fuori. Da lì vidi per la prima volta le sfilate delle piccole e giovani italiane e i giovani balilla, con le loro tipiche divise. Per me tali manifestazioni, che erano una novità, le vidi solo in quella circostanza, dato che pochi mesi dopo, caduto il regime fascista, anche le sfilate terminarono. Finalmente arrivo anche per noi il giorno della partenza: lasciamo l’albergo dopo un mese di permanenza.
Il viaggio
Mestieri
impiegataLivello di scolarizzazione
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FranciaData di ritorno
1943Periodo storico
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