Mestieri
impiegatoLivello di scolarizzazione
frequenza elementarePaesi di emigrazione
LibiaData di partenza
1929Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)L’amicizia, il lavoro e le trasgressioni, segnano gli anni della crescita per Francesco Restivo, trasferitosi giovanissimo con la famiglia dalla Sicilia alla Libia.
I miei compagni di gioco erano tanti ma il mio più intimo amico era G. T. Con G. ci dividevamo, come si suoi dire, il sonno della notte; eravamo sempre insieme ogni ora libera della giornata e dato che lui, con il calessino spesso inviato da suo padre, andava in giro per riscuotere delle somme dai loro clienti, io ero sempre con lui, per cui saltavo pure il lavoro. Non lavorando non mi pagavano e non portando le due lire a casa il sabato da ciò i miei si accorgevano della mia disoccupazione sebbene al mattino uscissi di casa all’ora prestabilita, rientrando all’ora di pranzo, riuscendo dopo un’ora e rientrando la sera come tutti coloro che lavoravano realmente, per l’ora di cena. A questo punto ero sottoposto a interrogatorio, si fa per dire, a privazione della libertà di uscire ed a tutte le altre cosette finché non mi procuravano un altro impiego. Con G. stavo bene anche perché suo padre possedeva una tabaccheria, una merceria ed un negozio di generi alimentari, non gli mancava mai qualche soldino, mentre io scarseggiavo di tutto. Spesso andavamo al ristorante Arabo a mangiare del «cuscus» e dopo al cinema e chi pagava logicamente era G. Nel periodo in cui lavoravo nella falegnameria che costruì i mobili per il matrimonio di E. L., un pomeriggio venne in bottega un cliente e dato che aveva una bicicletta gli chiesi se poteva farmi fare un giretto nei pressi, anziché mettermi sul sellino mi misi a cavallo del parafango posteriore, caddi e per mia fortuna anziché battere sulla manopolina del freno picchiai l’occhio destro contro la manopola del manubrio ferendomi alla palpebra inferiore. Il sangue iniziò a sgorgare e soccorso da alcune persone venni portato in auto all’ospedale Vittorio Emanuele, dove dovettero mettermi un puntino nella palpebra e dove vi rimasi ricoverato per diversi giorni. Come ripeto, spessissime volte lasciavo il lavoro per andare in giro con G. e qualche nostro amico comune che mi vedeva faceva la spia ai miei genitori. Dato che ciò avveniva spesso, i miei decisero di cercarmi un altro lavoro affidandomi questa volta ad una persona di loro conoscenza ed iniziai come apprendista elettricista. Il mio principale un certo M., coabitava con alcuni parenti di papà, per cui ero sempre sotto controllo. Il lavoro consisteva nel fare impianti in palazzi di nuova costruzione. Il primo giorno di lavoro quando mi presentai casa del mio nuovo datore di lavoro questi mi caricò sulle spalle una lunga scala a forbice e me la fece trasportare sul luogo di lavoro, mi mise subito a fare delle tracce sul muro col scalpello e martello. Imito il lavoro dì tracce, si dovevano fissare dei tubi dì balistite dentro i quali venivano passati dei fili elettrici. Anche questo nuovo lavoro mi portava un guadagno di due lire la settimana, che regolarmente, come sempre, portavo a casa. A forza di fare tracce sui muri, di inchiodare tubi e di passare fili, giunsi al punto di infilare benino quel mestiere, tanto che il principale mi lasciava solo a fare le rifiniture.
Il viaggio
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