Mestieri
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LibiaPeriodo storico
Periodo post-unitario (1876-1914)È il 1911, comincia la battaglia di Tobruch e Francesco Scicchitano è su di una delle navi della marina italiana impegnate nell'assedio.
Tobrouk, rimane a dritta in fondo a un piccolo golfo. Poche case basse, ed alcune capanne nel formano le abitazioni. Davanti si scorge subito un fortino che sembra… vi stia a protezione del paese. Il golfo all’intorno è costeggiato da piccola insenature sabbiose. È un golfo un pò piccolo ma molto rassomigliante a quello di Spezia. Mandate a terra le compagnie da sbarco, la nave Ammiraglia diede principio al bombardamento alle ore 7,30 sparando i primi colpi sul fortino che tosto ridusse all’impotenza poiché abbandonato. Intanto nel lato dritto, entrando in una di quelle tante piccole insenature che costeggiano il golfo, la fanteria da sbarco della Roma, metteva piede in terra, pigliando man mano posizione per l’avanzata. Da bordo si distingueva molto bene data l’aria limpida e la vicinanza, il marciare e le evoluzioni strategiche che i nostri plotoni facevano. I primi plotoni si avanzavano curvi nella persona e in ordine sparso. Si bombardava a quasi 4000 m. avanti a loro, nelle piccole collinette di sabbia, per protegere l’avanzata dalle insidie del nemico se vi fosse stato. Ma i nemici e sel’erano data a gambe alla vista delle nostre navi o non erano ancora giunti alla protezione di quel paese. Dette navi i pochi armamenti dei pezzi da 76 mm erano ai posti di combattimento, il resto degli equipaggi erano in coperta a gridare Wiva l’Italia.
[…] Parte degli abitanti era scappato nella notte, gli altri erano ancora ad asportare gli ultimi arredi delle loro capanne; qualche asino, qualche cammello s’allontanavano guidati dai conduttori. I nostri intanto giunsero in vicinanza del fortino senza neanche far fuoco. Appena qualche fucilata sentivo nel paese. Alcuni Arabi avevano fatto fuoco. Si disarmarono e si fecero prigionieri. Nessun altro combattente nemico. Appena in paese incominciarono a forzare le imposte e a penetrare nelle case, riservando il più religioso rispetto per scovare qualche nascosto. Parecchie case vuote totalmente; in tante altre qualche veste vecchia appesa alle murate qualche trepiede su un focolare spento, una pentola, qualche vecchio cassone che nella furia non erano riusciti a portare via. Né fucili, munizioni o armi in generale. L’ingresso fu trionfale. Dopo poco, vidi arrampicarsi come uno scoiattolo, su quell’asta che dianzi v’era la bandiera Turca, un marinaio che aprì al vento e alla vittoria il vessillo Italiano. Erano le 10,55. Un grido di urrà partì.
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Periodo post-unitario (1876-1914)Gli altri racconti di Francesco Scicchitano
L’astuzia dei turchi
A dieci miglia circa dalla costa, incominciammo il servizio di vigilanza per impedire lo sbarco delle...