Mestieri
imbianchino, sindacalista, imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media inferiorePaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1900Periodo storico
Periodo post-unitario (1876-1914)Da vice–brigadiere della Guardia di Finanza, Luigi Fonti svolge il servizio in un piccolo paese di confine, non lontano dal lago Maggiore.
Il servizio ai confini è diverso da quello che si fa all’interno; è umiliante, non più il controllo del documento di transito, ma si soppesa il tabacco, lo zucchero, e qualche volta il pane che portavano con sé quelle povere derelitte di filandaie, che, per poche lire giornaliere, sacrificavano la loro gioventù nelle filande di Cremonaga.
Codeste povere donne, ragazze nella maggior parte, partivano, alcune già alle due del mattino, da Dumenza e dai paesi vicini per recarsi al lavoro; passavano con la lanterna e rientravano alle diciotto vispe come se fossero state a nozze. Erano Marie, Rosine, Caroline, belle ragazze; alcune si facevano abbracciare, un abbraccio onesto, altre si facevano palpare ed altre né abbracciare né palpare. Povere figliole, tornavano con 50 grammi di tabacco, 50 di zucchero, 50 di caffè, e con altri generi tutti su per giù nelle medesime proporzioni. “Niente altro da farmi vedere?” “Com’è curioso lù”, e via di corsa. Qualcuna si empiva le mutande, si sospettava, “tocchi”, “Io non posso toccare”, “Se glielo dico, tocchi”, ma non si toccava. “La mando alla visita”, “No”, dicevano, quando erano imbottite, “preferisco che mi tocchi lei invece della donna”, ma non si toccava. Il servizio non poteva essere fatto con toccamenti. “Se vuole che la tocchi venga dopo”, “Non posso”, replicava, “sono lontana”. “Allora vada” e lei andava come un polpettone. Appena in linea mi avevano affibbiato il soprannome, mi chiamavano il sottino, perché ero giovane ed anche piuttosto piccolo. “C’è il sottino”, io non ero di guardia, ero il capoposto, e nelle ore di punta mi recavo dove ritenevo necessario perché alcune guardie mandano alla visita tute quelle poverette stanche del lungo lavoro. C’era la rete metallica lungo la linea, e allorché mi accingevo a fare l’ispezione per non sorprendere alcuno addormentato, perché vi erano di quelli che si sdraiavano addirittura sul tetto di paglia appositamente preparato, scuotevo la rete e il tintinnio dei campanelli rimetteva di colpo a passeggiare come se non avessero fatto altro.
Il viaggio
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