Mestieri
studenteLivello di scolarizzazione
licenza media inferiorePaesi di emigrazione
LibiaPeriodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Uno spaccato della vita in colonia nella Libia italiana alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Agatina Ajello, poco più che bambina ai tempi, ricorda l’impiccagione del capo indipendentista Omar al Mukhtar, le cerimonie patriottiche e fasciste fatte di alzabandiera e di canti razzisti, ma anche la miseria degli operai che spesso si ritrovavano senza lavoro e senza stipendio.
La quinta elementare, anche se ripetente per ragioni familiari, (durante gli esami andai in Sicilia al paese dei miei genitori) la feci con una brava e simpatica maestra ed ebbi l’onore di aver scritto un componimento ottimo a dire della mia insegnante, che lo lesse a tutta la classe e lo fece leggere anche ad una sua collega “Roma Faro del Mondo”. Mi chiese: “Ajello hai mai visto Roma?” – “No signora maestra” risposi. Sorrise di compiacimento e disse: “Sei stata brava, hai una fantasia che rasenta la realtà”. Leggevo anche molto bene; spesso nel mio vasto cortile, sotto una pergola, radunavo alcune amichette più piccole di me e fingevo di fare la maestra; tutte mi seguivano con interesse, nel dettato in particolare. Intanto mio padre, uomo intelligente, ma senza alcuna cultura, si interessava di quello che accadeva in Libia, una sera mi condusse da un fotografo, facendomi vedere alcune foto esposte in vetrina, tra le quali c’erano quelle del capo arabo Omar Muchtar che non volendosi arrendere al governo italiano era stato impiccato, Mi impressionai, non riuscendo a capire tanta crudeltà. Così la scuola, l’Alzabandiera, papà con la sua mimica all’Angelo Musco, il suo essere siciliano ma anche coloniale che si sapeva inserire bene tra gli arabi, comprendendo la loro povertà, la loro cultura. Insomma sembrava che le Colonie in quel periodo prosperassero. Bengasi, quella striscia di salina sul mare, con il suo Bosco del Littorio, la Berca, Cirene, Derna; era diventata un’oasi in mezzo al deserto. Acquedotti, alcune strade asfaltate, giardini ed altre innovazioni, erano testimonianze di quanto aveva fatto il governo italiano. Però ricordo pure, che gli operai dello zio, al sabato, non avevano quasi mai la paga loro. Mentre l’operaio arabo sopportava, sapeva attendere. Intanto papà lavorava nell’officina del fratello fino a tarda notte, ma senza alcuna ricompensa, Andò in Africa Orientale – Asmara (non ricordo bene la data), per raggiungere una sua nipote; bionda come lui, ha lo stesso mio nome e cognome da signorina. In quel periodo, anche alcuni operai e amici di papà emigrarono in quelle zone. Papà vi rimase qualche anno – a fare fortuna – dicevano; poi tornarono a Bengasi, cantando “Faccetta Nera” e le tasche sempre vuote.
Il viaggio
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