Mestieri
medicoLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
BurundiData di partenza
2014Data di ritorno
2014Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Giuseppe Novelli presta servizio volontario in un ospedale del Burundi, nel reparto di chirurgia.
Ospedale.
Gravida al 7 mese, 28 anni, quarta gravidanza, lesioni da machete, cranio, volto, dorso e collo. Tentativo di decollamento. Molto profondo lo squarcio cervicale alto. Forse ha una lesione mielica, di sicuro instabile. Suturato un vaso vertebrale. Dicono che il marito era dai vicini quando stanotte è entrato un uomo e l’ha conciata. Dicono che il criminale è scappato, non lo troveranno mai.
O lo copriranno per sempre.
All’uscita incontro una suora che mi chiede della donna. Le spiego il caso. La suora mi risponde “se deve rimanere spinalizzata meglio che il Signore se la pigli subito”.
Vado via…faccio il bucato.
Ho chiesto a Benjamin se mi procura un machete.
Io mi procuro elastici per le radiografie dai guanti usati.
E’ passata una settimana. Non capisco il senso di tutto ciò. Né se la mia presenza qui abbia un significato.
Le donne qui contano come animali.
E sono il motore del paese.
Penso a cosa pensa un astronauta quando è in orbita.
Forse solo lui potrebbe avere i miei pensieri, ora.
Nello spazio profondo
o nella terra più nera
solo resti, uomo.
Ogni cosa ha un senso,
ogni cosa ha un peso.
Il fatto è se siamo in grado di sopportarlo.
In occidente si spreca troppo, la plastica qui quasi non esiste. C’è tanto legno, si usa poco la carta.
Mettono un film nel pomeriggio, su un piccolo monitor da camionista.
Mi da quasi fastidio.
Per fortuna le lucertole che corrono sul tetto mi ricordano costantemente dove sono.
Una bomba d’acqua, anche questa, per fortuna.
Oggi è venerdì. Le suore hanno fatto il ragù.
I rosari qua si usano come collana.
Soprattutto le nere ricche ne sono appassionate.
Benjamin mi fa vedere, di nascosto dal capo, una vecchietta con un prolasso stomale imbarazzante, dice che la stomia è stata confezionata dal capo, male. Lo stoma misura 11×7 cm, ci passa un mio pugno. Il prolasso è completamente riducibile, non ci sono segni di occlusione. Io non lo toccherei, gli spiego che avrei bisogno di una protesi per chiudere il difetto ed il rischio infettivo sarebbe troppo alto. Mi dice di tenere l’acqua in bocca, che avrebbe chiesto al capo di potermi presentare comunque il caso.
Dopo una mezzora il capo mi telefona chiedendomi quando è prevista la mia partenza per fare i conti sulla sala operatoria. (Ha deciso di operare e mi vuole dentro ma non sa che io sono contrario…vedremo)
Convivere in stanza con insetti rumorosi non è facile.
Anche se sono innocui.
Penso che i religiosi che sono qui rappresentino un’avanguardia. Fanno tutti un gran tifo per il Papa attuale, neanche una parola sul suo predecessore. Si meravigliano quando sentono che ci sono laici che vanno a messa tutti i giorni. Con un prete che è qui da 42 anni mi ritrovo a parlare delle nefandezze storiche della Chiesa, dei modelli sociali, di quanto le nuove generazioni di sacerdoti, tutti neri, siano in realtà molto retrò, legati alla tradizione imposta durante il colonialismo belga. Questo prete confida in internet, nelle nuove vie di comunicazione, nel fatto che gli errori della Chiesa occidentale non vengano ripercorsi da quella africana.
Non gliene frega un cazzo se sono musulmano o cattolico.
Dice che durante la guerra, nel 1995, arrivavano in ospedale tantissimi feriti ed operava André, un infermiere. Una volta è arrivato un accoltellato all’addome. Era il capo dei ribelli. C’era il coprifuoco e André era l’unico sanitario.
Ha operato lui. Resezione ileale e anastomosi.
Quando sono stati in grado di trasferirlo ad un ospedale più grande i medici hanno detto che l’intervento era stato condotto a regola.
Qua gli infermieri sanno fare tutto.
Ora sono i medici ad operare ma gli infermieri in anestesia sono più bravi di tanti illustri anestesisti…
Di notte, davanti a casa, bussa un uomo con un biglietto scritto a mano e timbrato dal medico di guardia: gravida 8 mese, trauma cranico, terapia prescritta. Chiede al capo (che abita di fianco a me) se deve fare altro.
Risposta per iscritto, terapia confermata, il messo torna in ospedale con la torcia in mano.
Il viaggio
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