L’Hermitage

25/7

Siamo state finalmente a visitare l’Ermitage, Tullio Eva ed io anticipando la visita in gruppo. Passando dalla folla operaia del metrò che andava seria e decisa al lavoro alle sale dei pittori francesi Picasso e Gauguin nel Palazzo d’Inverno abbiamo incontrato una ricca borghese studentessa di pedagogia che ci ha detto di essere felice di vivere a Leningrado. Parlando spagnolo ci ha guidato dai pittori fiamminghi e il suo entusiasmo per la città, il suo sorriso giovane, luminoso hanno saputo e voluto nasconderci la sua sorte di cittadina ebrea nella Russia comunista. Quella ragazza era felice forse solo perchè era ricca, ben vestita o anche perché era una donna colta, piena di vivace interesse per l’arte, per l’educazione, per l’umanità? Questi interessi una donna imbianchino o poliziotto in un paese così disciplinato qual’è la Russia potrà. soddisfarli? Comunque ci sembrò sospetto il bisogno che la ragazza ebbe di dirci ch’era felice e che non avrebbe cambiato la sua città con alcun altra al mondo. Fu lei ad attaccare per prima il discorso con noi: lo fece forse per far sapere a noi stranieri che in Russai gli ebrei stanno bene? Ma lei era un’ebrea ricca, integrata, probabilmente, come intuimmo, figlia di un funzionario…e gli altri? Quelli che invece desideravano raggiungere amici e parenti lontani in un paese di origine dóv’era loro proibito andare, quelli, mi chiedevo, potevano essere felici? La vidta dell’Hermitage dalle sale immense e infinite ricche di capo-lavori e di visitatori d’ogni classe ci stancò tanto che a malapena all’uscita riuscimmo a fare la coda insieme a molti contadini per acquistare il libro sugl’Impressionisti.