Mestieri
sacerdoteLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
MadagascarData di partenza
1969Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Il primo impatto con il Madagascar, con la popolazione e le sue abitudini, nel racconto di Angelo Buccarello, sacerdote missionario partito per l’Africa nel 1969.
Sono partito l’8 ottobre del 1969, accompagnato da un anziano missionario. C’erano dei voli speciali, più economici. Ci dovemmo fermare a Nairobi per prendere da lì un charter. lo fui il primo a viaggiare in aereo; fino ad allora i missionari in Madagascar ci erano andati in nave. Passai 15 giorni a Tanà e Ambatondrazaka, poi andai a studiare il malgascio ad Ambositra e Fianarantsoa per 6 mesi. Appresi il malgascio più per strada che a scuola. Durante questi sei mesi di studio, feci anche diverse visite nei villaggi in foresta. Allora si faceva tutto a piedi, con i bagagli sulle spalle e sulla testa. Finiti i sei mesi, andai a Moramanga e da lì nel distretto di Anosibe an’ala, in foresta. Era un posto durissimo, ci si andava solo e sempre a piedi. Nelle tournée, che duravano una/tre settimane, trovavo spesso pioggia e fango. Ma la gente era semplice, buona, genuina, e mi colpiva la grande solidarietà che vi era nei villaggi. Ricordo una donna che doveva partorire, ma aveva delle difficoltà e dovevano farle un cesareo. L’avevano messa su una barella improvvisata con il bambù per portarla ad un ospedale, ed era lontano. Quando c’era da passare un fiume – non potendo passare insieme per portare una barella sul ponte costituito da un solo tronco -bisognava fare anche km e km di più per andare nel punto dove si potesse guadare. Ma lo facevano volentieri, perché il malato, l’orfano, erano di tutti. Tutto il villaggio era una famiglia. I Betsimisàraka erano molto cordiali, aperti e accoglienti con noi forestieri. Ci invitavano a fermarci nelle loro capanne. Erano poveri, ma non c’era la miseria che c’è adesso. Vivevano di caffé e riso, che coltivavano in collina dopo aver tagliato la foresta. Quando noi passavamo tra i villaggi, loro ci accoglievano come a dire “guarda un po’, voi che siete stranieri, venite da lontano per stare con noi, mentre i nostri capi non vengono qui che a ritirare i soldi delle tasse!”.
I francesi avevano lasciato un sistema secondo cui tutti gli uomini a partire dal 21° anno di età dovevano pagare le tasse. Però la legge diceva che potevano essere pagate in 3 rate durante l’anno, mentre i capi cantone (che volevano farsi grandi agli occhi dei superiori) pretendevano l’intero pagamento già nel mese di marzo. Così la povera gente appena finito di raccogliere il riso, era obbligata a venderlo a prezzo bassissimo per pagare l’intera tassa, e poi ciò che le rimaneva non bastava per tutto l’anno. Quindi doveva utilizzare il poco guadagno del caffè per comprarsi di ché mangiare fuori stagione, pagando il riso tre volte di più! Ma la gente era serena. Faceva lunghissimi viaggi a piedi, con 30 o più chili di riso, o caffè o altro da vendere… ma era gente tranquilla, che non si lamentava. E’ stato lì, in foresta, che ho conosciuto la gente semplice, che viveva in capanne, con una grande solidarietà e anche una grande organizzazione. I capi villaggio, a quell’epoca, non diventavano capi per questioni politiche, ma perché erano riconosciuti tali: per la loro esperienza, per quello che avevano fatto. Per questo tutti li ascoltavano. Non era un’organizzazione burocratica come la intendiamo noi, ma era ben riconosciuta e nessuno era “fuori del villaggio”. Era tutta una famiglia. Se c’era un handicappato, come ne conobbi molti, era il figlio di tutti. Quella donna che doveva partorire… nessuno avrebbe detto “arrangiati”. No, tutto il villaggio si era messo in moto per trovare le persone che portassero a turno la barella per tanti km nella foresta. Era gente meravigliosa.
Il viaggio
Mestieri
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diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
MadagascarData di partenza
1969Periodo storico
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