Mestieri
operatrice turisticaLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1978Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Gloria Bortolotti è negli Stati Uniti nel 1978, ha affrontato un lungo viaggio per effettuare delle visite mediche, è una donna molto malata. Ma una volta giunta a New York trova tutto l'entusiasmo per scoprire quel mondo lontano che ha sempre ammirato dal punto di vista culturale.
Mattino dell’8 novembre
Esco impaziente, guatando nelle vetrine gli splendidi dolci e la torta di mele col gelato che rimando a più tardi. Eccomi nel centro di Manhattan; l’ottimo breakfast si serve dalle 7 alle 10, i palazzi sembrano a portata di mano ma bisogna camminare per chilometri il Metropolitan Museum in mezzo a Central Park sembra remotissimo. nel favoloso rockfeller Center passo sotto il tunnel di vetro di una cascata, scendo i gradini fra statue marine dorate che terminano nel gigantesco gruppo d’oro del Prometeo; su una piscina che d’inverno è pista di pattinaggio la frase, incisa nel marmo, del testé defunto rockfeller: «noi vivremo finché saremo il paese della libertà e dell’iniziativa» (ieri sera a Broadway un annuncio prometteva 25 ragazze nude, vive!).
ogni potente grattacielo, colosso di vetro e acciaio, ha nomi famosi ed enormi sculture di buona scuola (due Manzù sotto vetro nella chiesa di St. Patrick, regno del neogotico e belle vetrate).
ogni tanto vecchie case stile antica Londra, scale antincendio di ferro, porte rosse, calette d’accesso di pietra, convivono a squarci coi grattacieli.
Mattina di venerdì 10 novembre
Per prima cosa mi faccio cambiare stanza perché il riscaldamento fa blu-blu-blu tutta la notte, e me ne danno una al 15o con la vista sulla vetta dell’Empire e una doccia che chiude.
Poi, fuori, affronto illusa un lunghissimo tragitto per il Central Park sfiorando enormi monumenti fra cui quello di Simon Bolivar liberatore della Bolivia. gli alberi e i prati intorno al laghetto dove il giovane Holden marinava la scuola – e che quattro ragazzini raggiungono saltando il muro – sono veramente pieni di scoiattoli. C’è chi dà loro da mangiare, chi parla nascosto fra gli alberi imitando il grido degli uccelli, cui rispondono altre grida (walky-talky?), c’è il barbone che si fa fotografare da chi gli dà la mancia e il pensionato che sparge noccioline da una scatoletta metallica. A frotte piccioni e gabbiani lottano per la preda, gridando contro gli scoiattoli.
Le anatre filano lisce increspando appena l’acqua; a loro getta pezzi di pane un ragazzo con cappello da cow-boy. A meno di un metro da me lo scoiattolo scava per accumulare tesori. Il negro che passa con sacco e puntale per raccogliere le cartacce lo fa sfrecciare quasi sui miei piedi. Torna subito, mordace, e riprende a scavare.
È natale, gli alberi di pino nascondono le prese per le lampadine. un gruppo di ragazzi torna da una piscina gelata artificialmente dove ha pattinato. Altri con lunghissime barbe e baffi finti, usando una carrozzina da invalido come carrello, fotografano col cavalletto scene comiche natalizie. ragazzini giocano a baseball e a rugby; solite nonne baby sitters; anziani portano a passeggio i cani che si scontrano e si annusano. Monumento al cane Balbo, indomabile spirito di fedeltà, che ha guidato la prima spedizione alle sorgenti dell’Hudson. fra podisti che sfrecciano in maglietta e mutande sponsorizzate, una bellissima giovane paralizzata viene spinta in carrozzella dal compagno che poi la porta in braccio. Il segnale circolare da hand stilizzato è frequentissimo presso edifici monumentali, stazioni, toilettes. I «diversi» qui non li buttano via.
Al Metropolitan giro col distintivo da studiosa le sale stupende che, oltre ai tesori abituali, raccolgono quelli di Dresda e l’oro menagramo di Tutankamen.
Al terminal della grey un portoricano mi spiega in spagnolo che posso partire per Buffalo, niagara e Toronto alle 11 di sera e arrivare alle Cascate al mattino. A Times Square mi siedo sulla bassa aiuola di cemento con lastroni di pietra al centro. Davanti a me un suonatore di clarino con la custodia aperta per le monete sta appoggiato nella nicchia. Sto leggendo il giornale che la gente abbandona intatto dopo avergli gettato un’occhiata. A 76 anni è morta di cancro Margaret Mead. Le nonne muoiono! Chissà se la seppelliranno in quel tremen- do cimitero di Coney Island?
Macchine e taxi mi sfrecciano davanti a tale velocità che, quando mi cadono due fogli, non posso raccoglierli perché subito vengono investiti e trascinati al largo, come bandiere sempre più lacere. Dal Port Autority, terminal di tutti gli autobus, a Times Square, per la 42a si snoda un’infinita luminaria di cinema locali, caffé, e musica dappertutto che copre il rumore del traffico caotico. La gente cammina con radioline e mangianastri a pieno volume, dal suono lacerante. Le luminose della Coca Cola avanzano a pnde rosse, fra le scritte semoventi che annunciano spettacoli. una carrozzella bianca, calessino d’altri tempi con cavallino sauro dal ciuffo bianco, trotta sicuro attraverso Broadway. Veicolo pubblicitario che anticipa soluzioni «retrò» per quando mancherà il combustibile?
Intorno a me, fra le aiuole di pietra, fumano crateri danteschi. Sono i tombini tondi di ghisa del riscaldamento, che mi danno calore, anche se mi sento un po’ farinata!
Il viaggio
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