Mestieri
militareLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
BosniaData di partenza
1996Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Al suo arrivo a Sarajevo, nel gennaio del 1996, il maggiore Ippolito trova una città che manifesta ancora tutti i segni della violenza della guerra. Anche nella sede del comando che Ippolito va a occupare, un palazzone dove un tempo c’era l’ospedale, all’interno del quale vengono rinvenuti dei corpi di esanimi di persone impiccate.
Infine atterraggio perfetto, ma tutto di corsa, i bagagli scaricati come sacchi di patate e la necessità di lasciare l’aereo nel più breve tempo possibile hanno sottolineato ancora una volta, se c’è ne fosse stato bisogno, che eravamo arrivati in un paese dove c’era la “GUERRA”. L’Hercules dell’Aeronautica Militare Italiana, atterrava a Sarajevo alle 20.00 circa del 20 gennaio. All’aeroporto, o quello che restava del vecchio Aerodromo di Sarajevo, c’erano molti colleghi che erano venuti ad accoglierci e “trasportare” in quella che era, al momento, la sede del Comando Brigata. La neve e la nebbia non lasciavano intravedere quella che poi si sarebbe dimostrata una città fantasma. La strada che separa l’aeroporto e l’ospedale pediatrico ZETRA fu percorsa dai VM blindati a velocità sostenuta, in un buio che sembrava ancora più buio dalla nebbia e dalla mancanza assoluta di luci. Non ho, in quell’occasione avuto modo di vedere ciò che il mattino dopo mi avrebbe fatto capire che veramente ero arrivato in una città distrutta dalla guerra, palazzi che erano solamente macerie, sparse ovunque, quei pochi palazzoni ancora in piedi, sembravano spettri bui illuminati da una luce tetra. Niente finestre, niente porte, solo buchi. L’arrivo all’ospedale Zetra o quello che restava di uno splendido ospedale neonatale fu contraddistinto dal piacere di rivedere tanti colleghi ed amici arrivati prima di me e dallo stupore di vedere tanta gente che lavorava e cercava, fin dal primo giorno, di rendere agevole la vita per tutto il contingente multinazionale costituito, fm dall’inizio di italiani, portoghesi e francesi.
Il primo compito fu di organizzarmi il “giaciglio”. Il materiale era tutto con me, quello importante, mentre tante altre cose le avevo imbarcate su di un container che sarebbe arrivato solo dopo cinque giorni. Mi accorsi, in quell’occasione che la brandina era stata considerata una cosa poco importante, per cui non era disponibile. Salendo le scale per giungere al primo piano vedevo le pareti imbrattate di scritte in serbo-croato e macchie rossastre che ad un più attento esame si dimostrarono macchie di sangue. Da una porta in ferro, scardinata intravedo la tromba di quello che era stato un ascensore, guardando poi verso l’alto un’altra scena indimenticabile, due corpi penzoloni, impiccati con una corda alla parte alta del vecchio ascensore. Arrivato al primo piano su di una porta, ricavata da quattro tavole inchiodate alla meno peggio, leggo il mio cognome, entro e scelgo come mio giaciglio il lato immediatamente a sinistra. A destra avevo un collega che, essendo arrivato qualche giorno prima, aveva avuto modo di organizzarsi il “posto letto” che scherzosamente poi, avremmo chiamato “LOCULO”. Distribuiti sul pavimento i miei bagagli, erano ormai le 22.30, ho deciso di mettermi a letto (dentro il mio sacco a pelo) e, rivolta la testa verso la finestra (ovviamente senza vetri né imposte, ho incominciato a pensare ai miei figli, a mia moglie che avevo lasciato la mattina ed ora, a tanta distanza da loro ed in quelle condizioni, ne avvertivo già la nostalgia, come faranno a passare sei mesi?). Sentivo la necessità di avvertirli del mio arrivo, di dire loro di non preoccuparsi perché era tutto ok e che tutto era andato nel migliore dei modi, ma ciò non era possibile. Il fatto mi angosciava perché pensavo a mia moglie che all’oscuro di tutto non sapeva se fossi arrivato o cos’altro e certamente si sarebbe preoccupata non avendo mie notizie. I pensieri si susseguivano senza che riuscissi a prendere sonno nonostante la stanchezza.
Il viaggio
Mestieri
militareLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
BosniaData di partenza
1996Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Gli altri racconti di Camillo Ippolito
Sui cieli di Sarajevo
Il 20 gennaio 1996 è iniziata la mia avventura, nell'ambito della Missione nella ex Jugoslavia e...
La prima visita in città
Il giorno successivo, domenica, decisi, insieme ad un collega, di fare un giro per la città...
Vicini di casa assassini
Il Comando del contingente, ovviamente, aveva bisogno di interpreti, sia per riuscire a colloquiare con persone...
Gli amanti del ponte di Bratsva
Il tempo passava e le giornate, caratterizzate dal frenetico lavoro tipico di uno Stato Maggiore di...
“La guerra è una cosa sporca”
Dopo il primo mese trascorso in Bosnia ero cosciente delle realtà tanto drammatiche quanto affascinanti. Era...