Mestieri
imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola agrariaPaesi di emigrazione
CongoData di partenza
1917Data di ritorno
1974Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Un episodio raccapricciante si consuma alla “Farm Esperia”, la fattoria della famiglia Cipolat in Congo, dove Italo è nato e cresciuto.
Tra le altre attività secondarie della fattoria v’era un allevamento di maiali. La prima volta che papà mi condusse a vedere la cosiddetta porcilaia, rimasi di stucco. Altro non era che un recinto di paletti con al centro una tettoia di paglia e due o tre truogoli ricavati scavando dei tronchi d’albero, all’interno del quale vivevano questi strani suini. Chiamati “nguruwe wa kishengi” vale a dire “porco selvaggio africano”, erano più simili ad un cinghiale che ad un maiale domestico.
Erano animali di piccola taglia, con una fitta peluria ispida sul dorso cadente nella parte posteriore. La testa, portata quasi a raso del suolo, era lunga ed affilata, l’occhio era vivace e feroce e grossi denti sporgevano dalla bocca.
Se un estraneo entrava nel recinto, vuoi per fame o per ferocia, i maiali aggredivano in maniera decisa costringendo l’intruso ad una rapida ritirata.
Per fortuna erano abituati al personale che li accudiva; ma per prudenza gli uomini entravano nel recinto armati d’un solido randello. Senza di esso non sarebbe stato possibile versare il cibo nei truogoli. Erano nutriti per lo più con patate dolci fatte cuocere con radici e foglie.
Ciononostante erano piuttosto magri, anche perché mio padre, durante la giornata e sotto la sorveglianza di due ragazzetti indigeni, li mandava a pascolare fuori.
In foresta, vuoi per fame o per istinto, scavavano continuamente buche enormi cibandosi di tutto, possedevano un grugno duro come del vecchio cuoio. Erano animali preoccupanti ed imprevedibili. Un giorno i due guardiani s’erano lasciati distanziare dai maiali i quali avevano invaso un cimitero indigeno e avevano dissotterrato un cadavere di cui si stavano cibando. I neretti, inorriditi e spaventati, scapparono via e vennero a chiamarci.
Intervenimmo subito e, con vero orrore, li cacciammo energicamente a bastonate; gli animali fuggirono con pezzi di corpo umano tra i denti. Si pose pietoso rimedio seppellendo i resti umani in fosse più profonde, ricoperte poi con grosse pietre.
Il viaggio
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