Mestieri
contadinoLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
EtiopiaData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Sono le prime, stentate azioni di guerra intraprese dall’esercito dell’Italia fascista contro l’Etiopia, nel 1935. Domenico Comba vi partecipa, senza entusiasmo e patendo sacrifici e sofferenze, come ricorda nelle sue memorie.
Era il 15 ottobre, le nostre truppe avevano varcato il confine il 3 e marciavano vittoriose perché non avevano incontrato nessuna resistenza. Erano divise in due colonne e perciò si formarono due fronti, uno verso il Tigrè, l’altro verso Gondar nel Tembien. Noi appartenevamo alla prima colonna ferma a Decamerè ad aspettare i rinforzi per poter proseguire. L’altra colonna aveva già fatto molti progressi. Le due città, se così si potevano chiamare, erano un agglomerato di tucul e di gente che con l’invasione delle truppe italiane era sparita. La conquista , di queste due città destò molto clamore in tutta l’Italia e alzò molto il morale delle truppe occupanti. Sui giornali la propagandaè tale da far sbalordire; era subito uscita la canzone “Adua rivendicata…” perché era stata precedentemente conquistata, eppoi, per un errore di strategia persa. Mettemmo piede in Africa nel 1882 ad Assab, ne fummo espulsi manu militare nel 1943, dopo sessantun anni, scanditi con ritmo regolare da tre guerre coloniali e due mondiali vi abbandonarono la vita forse centomila uomini. (Da tener presente che le nostre truppe nel 1894 avevano già conquistato questi territori e si erano spinti molto più avanti, poi, per un errore di strategia le nostre truppe furono di nuovo respinte lasciando sul terreno molti caduti. Fu un vero fallimento. Ora si stava per cadere nello stesso errore. Mandarono il Mrs. Badoglio, generale molto quotato dell’esercito, uno stratega in gamba. Venne e cambiò la tattica sul nostro fronte. Ne crearono un altro verso la Somalia Italiana a Mogadiscio: territorio che ci apparteneva da tempo. Questo fronte venne affidato al Gen. Graziani, anche lui uno dei migliori strateghi del tempo. L’obiettivo era di raggiungere la capitale Addis Abeba, uno da un lato e l’altro dall’altro. Così fu. Per mettere a punto questo piano passarono parecchi giorni.
Lì il clima era molto variabile, di giorno faceva molto caldo e di notte, data l’altezza dell’altipiano (eravamo a 2000 mt.), faceva molto freddo e questo ci creava molte difficoltà per esempio ci dava la dissenteria. Il cibo era poco, si mangiava tanta carne insipida di cammello. La sussistenza funzionava, ma i viveri, per arrivare dal porto a noi impiegavano parecchi giorni sballottati sui camion, perché le strade non esistevano e man mano che si avanzava si apriva la strada con i pochi mezzi a nostra disposizione. C’erano già le imprese stradali, ma non sempre ce la facevano; anche i nostri soldati dovevano molto sovente aprirsi la strada con piccone e badile.
Una cosa che ci teneva un po’ su di morale era la corrispondenza che funzionava abbastanza bene. Le lettere piene d’affetto che ricevevo, scritte sempre da mia sorella Lena mi tenevano molto informato su tutto. Alle ragazze e in special modo a D. pensavo, ma non avevo più corrispondenza con lei.
Dopo questo periodo di tregua incominciammo anche noi ad avanzare conquistando località una dopo l’altra, senza però trovare delle resistenze all’infuori di qualche scaramuccia. Era la tattica che adoperava il Negus – Imperatore – lasciare che le truppe si inoltrassero all’interno per poi tagliare i riferimenti e imprigionare tutti, come già aveva fatto nel 1894. speranzoso di non essere troppo noioso vi descrivo il nostro itinerario. Decamerè, Adi Ugri, Adi Kaiè, Senafè, Adigrad, queste posizioni caddero una dopo l’altra senza colpo ferire. Solo con marce estenuanti e forzate arrivammo a Makkalè nel Tigrè. Lì ci fermammo per parecchio tempo, il nemico ci aspettava non lontano sul monte Amba Aradam. Costruimmo i fortini per essere un po’ al sicuro da qualche attacco nemico. Ci fermammo dal 15 dicembre 1935 al 20 gennaio 1936. In quel periodo mi arrivò la promozione a Sergente con decorrenza 14 settembre 1935. Presi un po’ di soldi arretrati, la paga da Sergente era di 14 lire al giorno e di lì cominciai a mandare qualche risparmio a casa. Io sono sempre stato un risparmiatore, ma anche se fossi stato uno sprecone non potevo spendere nulla perchè c’era niente di niente. Il Cap. Jorio, comandante della compagnia, ci fece adunare per consegnarci i galloni dorati da sottoufficiale. Fece un bel discorsetto d’occasione e fece notare che, chi mi aveva chiamato “firmaiolo”, si era sbagliato di grosso, perché anche loro senza aver fatto la firma di un anno, stavano nelle stesse condizioni con la differenza che, io avevo un grado in più; ciò nella vita militare contava molto, i lavoro faticosi ci venivano risparmiati per esempio. Avevo da comandare una squadra di 14 uomini, cosa non facile da fare, specialmente in guerra. Mi misero a capo di una squadra di esploratori, i primi che dovevano avanzare per segnalare eventuali movimenti nemici. A Makkalè il nostro battaglione faceva parte di un reggimento misto composto da Alpini, Granatieri, Guardie di Finanza e Carabinieri – reparti addestrati, con i quali si andava d’accordo. C’erano anche molti altri reparti, comprese le camicie nere, le quali pur essendo distaccate collaboravano con le dovute riservatezze. Tra gli ufficiali c’era un distacco enorme, specialmente con le camicie nere; essendo reparti volontari, formate da uomini di tutte le età. C’erano perfino degli uomini, che mai avevano nè visto nè sentito dire, che cosa fosse la vita militare.
Il viaggio
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EtiopiaData di partenza
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