Mestieri
impiegatoLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
EtiopiaData di partenza
1935Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Lo sbarco in Eritrea e la marcia fino ad Asmara, tappe fisse dell’avvicinamento delle truppe italiane alla guerra d’Etiopia nel 1935.
Si arriva a Massaua ore 18. Siamo al termine del viaggio mare. Ora si inizia viaggio terra. Alle 21,30 ci avvisano che si sbarca, in fretta si corre in cabina, si prepara lo zaino, valigia e via in coperta, alle 22,30 si inizia lo sbarco. Alle 24 si prende posto in una vettura 18 Biella, lo davanti con l’autista, 24 soldati dietro. Dopo 5 ore di supplizio con un caldo strabiliante, e dopo aver messo fuori chissà quanto sudore, tanto che i miei panni sono bagnati fradici; si inizia il viaggio. L’erta faticosa del calvario si comincia. La sete è terribile, la testa mi fa assai male, il mio fisico cede, più volte invoco il Signore, la mia mamma, mia moglie figlia e sorelle. Mi avvilisco, mi sento venire sempre meno, i soldati peggio di peggio i loro lamenti, le loro lagnanze, mi accasciano di più, tristi pensieri ci tormentano, si vedranno ancora i nostri cari? La testa più di ogni cosa mi fa soffrire mille tormenti. Finalmente trovo un po’ d’acqua, impregno l’asciugamano e me lo metto in testa, soffro, soffro molto. Si fanno due ore di deserto, oltre forse, si corre, i camion non si vedano, la polvere è fitta, si soffoca, manca aria. Le vetture da un momento all’altro si cozzano. Il sole ci abbatte, i raggi sono di fuoco. La strada che si percorre è pericolosissima, stretta quasi impraticabile, con precipizi spaventevoli e che danno le vertigini, più volte ho pensato, che si andasse a finire in qualche precipizio. Bene o male si va verso la fine. Digiuni, senza acqua, è terribile! Penso che di questo passo, tutto l’entusiasmo finisce e si diventa indifferente di tutto. La grande estensione di fichi d’India sono il nostro misero ristoro. Verso le 14,30 si arriva alla Asmara (tanto decadente), mentre a me ha dato non lieta soddisfazione. Ci conducano al Deposito Sanità, la fame continua a dar noia, al Deposito ci scaricano come una merce qualsiasi senza nessuno osa vedere chi siamo e da dove si viene. Nessuno ci cura, la fame ci tormenta sempre più, la sete non ne parliamo. Si è sfiniti e stanchi finalmente quel santo sonno, quel che fa dimenticare tutto tutto, ci vince. Si dorme quanto? Certo che è quasi scuro. Finalmente si ricordano di noi! Ci fanno camminare un bel po’, e poi danno ordine di montare le tende (logica militare…). La località si chiama forte Baldissero. Mangiare non se ne parla. Alle 20 si va nella grande metropoli. Tutti i bugigattoli si gira, ma mangeria niente. Finalmente in quelle indigeni, tutti ci rispondono “in c’è”. Alle insistenze fatte perché non se ne poteva si trova chi con atto magnanimo ci offre una piccola porzione di fegato senza pane. Si esce pieno di vuoto. Alle 22 ci ritiriamo sotto la nostra alcova, ove per materasso la terra e per coperta il cielo. Dopo poco, si comincia la danza….il freddo terribile e qualche pulce seccante, pensare il caldo sofferto durante il giorno, nessuno di noi sebbene stanco riesce a chiudere occhio. Continuare così significa addio mio bene…
Il viaggio
Mestieri
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